I FUORIUSCITI DEI TESTIMONI DI GEOVA:

TRA FENOMENOLOGIA E STATISTICA

I FUORIUSCITI DEI TESTIMONI DI GEOVA: TRA FENOMENOLOGIA

E STATISTICA


Cosa dicono gli esperti?

"Il membro deluso, e l’apostata, nota 1 in particolare, sono informatori le cui prove devono essere utilizzate con circospezione. L’apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una "storia di atrocità" per spiegare come — attraverso la manipolazione, l’inganno, la coercizione o le frodi — è stato prima condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un’organizzazione che oggi disapprova e condanna. Gli apostati, le cui narrazioni sono sensazionalizzate dalla stampa, cercano talora di trarre profitto dalle loro esperienze vendendo i loro racconti ai giornali o pubblicando libri". nota 2

Questa è sicuramente la più nota citazione ‘dotta’ sull'argomento dei fuoriusciti. Da anni testimoni di Geova ed ex-testimoni di Geova vi si rispecchiano, ovviamente con emozioni contrapposte: i primi perché corrisponde alla perfezione al profilo classico dell’ “apostata” come da essi compreso e condiviso, i secondi perché vi leggono un fallimento difficilmente rimediabile delle proprie campagne e quindi un attacco alla propria credibilità. I ‘venti contrari’ che si ingegnano ad alimentare, buoni per dominare la ristretta audience di un forum di dissidenti, di un bollettino parrocchiale o di una piccola rete TV cattolica, perdono efficacia di fronte alle impietose dichiarazioni di un ‘mostro sacro’ della sociologia come il prof. Wilson, al quale è stato riconosciuto, dopo la sua morte, “un enorme debito di gratitudine per l’arricchimento che ha recato alla nostra comprensione delle moderne società”. nota 3


Riandare spesso a questo estratto è utilissimo, perché rappresenta un’ottima sintesi di varie confutazioni al valore oggettivo delle esperienze di apostati:


  • la necessità di ordine psicologico, comune a molti fuoriusciti dissidenti, di ‘giustificare’ a sé stessi e al resto

del mondo la propria contrapposizione al gruppo di provenienza per nascondere o ridimensionare il quadro non proprio dignitoso di un allontanamento dovuto il più delle volte a misure disciplinari;

  • la tendenza a ‘colorire’ esperienze personali negative allo scopo di provocare una facile esecrazione nella pubblica opinione;

  • il sensazionalismo dal quale queste vicende sono spesso accompagnate presso i media (per ragioni tanto ovvie da non meritare un approfondimento). nota 4


Ma Wilson è forse l’unico a pensarla a questo modo? O se non altro, si può almeno affermare che la sua opinione sia minoritaria nel mondo scientifico?

I fuoriusciti meritano credito? L’orientamento accademico

Crediamo che un buon punto di partenza per rispondere a queste domande (per ragioni che saranno chiare fra poco) consista nel citare un altro studioso: Stephen Kent. nota 5 Nella sua opera The History of Credibility Attacks against former Cult Members, nota 6 Kent traccia alcuni interessanti profili di fuoriusciti, sottolineando come la loro esistenza rischi di minare alla base l’efficacia degli studi di settore che si avvalgono delle testimonianze degli ex-membri: ad esempio i rimpatriati, ovvero coloro che, una volta abbandonata una ‘setta’ (anche in polemica), decidono dopo un tempo più o meno lungo di tornare a farvi parte; oppure i ‘truffatori’, che s’inventano vissuti raccapriccianti per fare cassa. Di altri soggetti, potenzialmente utili agli scopi dei gruppi antisette, Kent mette in evidenza i rischi, come nel caso degli ex-membri con ‘drammatiche’ storie al seguito; o ancora di quelli che successivamente alla defezione sono divenuti professionisti (per lo più psicologi e affini), presentandosi così nella doppia veste di ex-testimoni critici e di consulenti specializzati. Quest’ultima categoria (una sorta di ‘testimonials’ dell’apostasia) sembrerebbe segnare un deciso punto a favore delle rivendicazioni degli ex, se non ci fosse lo stesso Kent a registrare, evidentemente a ragion veduta, che ‘l’istruzione superiore non è una garanzia che il laureato scriverà in maniera critica ed anche obiettiva’. nota 7

Lo studio di Kent non fa riferimenti diretti ai testimoni di Geova, e del resto gli apostati (e lo sparuto seguito di simpatizzanti) sono rimasti praticamente gli unici a etichettare i testimoni di Geova come una ‘setta’, ricorrendo ad acrobazie semantiche per legittimare il comodo ricorso ad un termine magari non del tutto improprio a stretto rigor di termini, ma ambiguo e insidioso per l’alone di diffidenza che lo accompagna presso il pubblico. Nonostante ciò, ci sono molti sorprendenti punti di contatto fra le sue descrizioni e la multiforme ‘fauna’ degli ex-testimoni: ad esempio i ‘rimpatriati’ ricordano, è naturale, i ‘riassociati’ dei testimoni di Geova (peraltro numerosissimi). Anche la figura del disassociato ‘dotto’ finto/esperto, con laurea esibita a uso di titolo nobiliare, che vediamo ogni tanto intervistato in qualche TV privata, o fare capolino dai giornali (di solito in calcolato sincronismo con qualche ‘fattaccio’ di cronaca), è un classico al quale siamo piuttosto abituati.

Esiste tuttavia un fattor comune nella grande varietà degli atteggiamenti che si riscontra in tali fuoriusciti polemici, ed è un’allarmante latitanza di raziocinio. Affacciandosi a questa curiosa realtà, l’osservatore ‘terzo’ che non sia propenso a spiegare tale squilibrio, religiosamente, con l’‘abbandono delle vie del Signore’, si ritroverebbe ben presto a fare i conti con una quantità di enigmi di ardua decifrazione. Gli ex, tanto per dire, si lamentano del fatto che a coloro che sono ancora membri del gruppo sarebbe impedito di intrattenere rapporti sociali con loro (esclusi i familiari); già, ma perché poi uno dovrebbe desiderare la compagnia di persone che non gradiscono la sua amicizia e che sono disposti, come dicono, a ‘tradirla’ in nome di un ideale religioso? E che senso ha invocare l’intervento delle autorità, essendo ovvio che non si può obbligare nessuno ‘per legge’ a frequentare chicchessia? Dal momento che la quasi totalità delle defezioni è da ricollegarsi a infrazioni morali (per lo più storie di sesso illecito), perché esporsi all'inevitabile sospetto di agire per puerili ragioni di rivalsa? Inoltre, in quale modo si potrebbe ritenere attendibile qualcuno che arriva a rinnegare il 99% delle cose in cui si credeva prima, mettendo in discussione praticamente tutto ciò che riguarda i testimoni di Geova, dalle principali interpretazioni escatologiche alla foggia delle cravatte? O ancora: molti apostati erano, da testimoni, anziani di congregazione, e come tali hanno a suo tempo applicato la disassociazione su peccatori impenitenti; come mandar giù, adesso, questo ‘sdegno dell’ultim’ora’ nei confronti di tale provvedimento? Sono soltanto i primi esempi di comportamenti irrazionali che ci vengono in mente. E pensare che, secondo Kent, una dose di prudenza è doverosa persino quando un certo ‘apostata’ sembra brillare per logica!

La coerenza in una storia di coinvolgimento in un culto e una personalità convincente non sono motivi sufficienti per giudicare se i racconti di fuoriusciti sono veri e accurati. nota 8

Il paradosso di Kent è che egli è… schierato dalla parte dei fuoriusciti, ovvero, nonostante gli anzidetti, condivisibili rilievi, in generale tiene le testimonianze degli “ex” in conto di risorsa preziosa. A proposito dei suoi studi, Hexham nota 9 e Poewe nota 10 annotano tuttavia:

L’unica eccezione al tono generalmente neutrale della maggior parte dei docenti universitari canadesi e al loro rifiuto della retorica anti-sette è Stephen Kent […] Anche se le opinioni di Kent sono ampiamente conosciute, pochi studiosi canadesi sono d’accordo con le sue conclusioni, e la maggioranza vi dissentono fortemente a motivo della sua tendenza ad usare la testimonianza di ex-membri. nota 11

Bisogna comunque riconoscere a Kent il pregio dell’onestà, non solo per convenire in prima persona di alcuni problemi connessi alla propria impostazione, ma anche per riconoscere apertamente di non riscuotere il consensus accademico. Riferendosi alle osservazioni di Hexham e Poewe, ammette candidamente che “gli altri all’interno della comunità accademica hanno condiviso questa critica”, limitandosi a dire che “tale posizione non è universale”. nota 12 Sempre Kent cita un’altra dichiarazione, senza confutarla, di quello che definisce lo ‘stimato’ professor Wilson, nota 13 che, come la precedente riferita all’inizio di questo articolo, suona alquanto lapidaria:

Né un obiettivo ricercatore di sociologia né un tribunale potrebbero senza difficoltà considerare l’apostata come una fonte di prove credibili o affidabili. Deve sempre essere visto come uno la cui storia personale lo predispone a pregiudizi per quanto riguarda il suo precedente impegno e la sua precedente affiliazione religiosa, e deve venire il sospetto che il suo comportamento dipenda da una personale motivazione di vendicarsi e di ritrovare la propria autostima, descrivendo se stesso prima come una vittima, e poi come un ‘crociato’ redento. Come vari casi hanno indicato, è verosimile che sia suggestionabile e pronto ad ingigantire o colorire i torti, per soddisfare quella specie di giornalisti che coltiva maggior interesse in una versione sensazionale che in un racconto oggettivo della verità. nota 14

E ancora, ecco il sintetico parere di John Saliba: nota 15

Esiste spesso un vizio di fondo in un approccio imperniato su informazioni desunte in gran parte o esclusivamente da fuoriusciti animati da bellicosità e livore. nota 16

Hexham, Poewe e altri studiosi, compreso lo stesso Kent che pure segue una metodologia contraria, sottolineano dunque lo scarso valore che negli ambienti accademici si tende ad attribuire ai fuoriusciti come fonti di testimonianze attendibili. Le motivazioni sono soprattutto antropologiche, ma anche la statistica fa la sua parte…

Cosa dicono i numeri…

In Italia un contributo decisivo a ridimensionare notevolmente le ‘sconvolgenti testimonianze degli ex’, così comuni in Internet, è stato dato dal noto esperto di religioni Massimo Introvigne. nota 17 A proposito di un disegno di legge che si proponeva di reintrodurre il reato di plagio mentale, abrogato da oltre trent’anni, Introvigne ha osservato che ‘la stragrande maggioranza’ degli specialisti di settore sono contrari alla sua approvazione e che quelli che invece vi sono favorevoli ‘si contano sulle dita di una mano’. nota 18

Alla domanda sul perché si dovrebbe dar credito a tali studiosi e non alle presunte ‘vittime delle sette’, il dott. Introvigne risponde adducendo svariate motivazioni, alcune delle quali risultano di particolare rilievo in questa sede. Il ‘peccato originale’ della testimonianza dei fuoriusciti è quello che gli statistici definiscono il problema del ‘campione autoselezionato’, e che può essere facilmente compreso ricorrendo a degli esempi. Se voleste farvi un’idea precisa di un partito politico, vi limitereste a intervistare coloro che ne sono stati espulsi o dei contestatori che vi si sono allontanati in guerra con la dirigenza? Ci si può formare un’opinione attendibile della Chiesa Cattolica intervistando solo ex-preti che l’hanno lasciata in protesta, ad esempio, contro il divieto di sposarsi? A prescindere dal fenomeno ‘ex’ è comunque l’operazione di cercare sostegno ad una tesi, documentandosi unicamente, o prevalentemente, nel contesto di compagini circoscritte che assumono tale tesi come premessa ideologica, ad essere destituita di qualunque metodo scientifico (oltre che eticamente scorretta). Chiedereste ad una associazione clandestina di neonazisti un parere sugli ebrei o sugli immigrati extracomunitari? Se cani e topi potessero parlare, come risponderebbero alla domanda: ‘che ne pensi dei gatti?’, o come vi risponderebbero, all’opposto, gli iscritti ad un circolo di gattofili? nota 19

Si capisce quindi agevolmente perché quasi tutti gli studiosi non tengano gli ex-testimoni di Geova - un campione ‘auto-selezionato’ di persone - in conto di fonte affidabile di informazioni sul gruppo di cui un tempo facevano parte, specie se presi da soli (come non lo sarebbero d’altronde, nelle medesime condizioni, gli stessi testimoni di Geova). Purtroppo, il male ‘fa notizia’, attrae il pubblico e ‘vende’ molto più del ‘bene’ o comunque delle vicende di ordinaria amministrazione; è una legge di mercato vecchia come il mondo; si tratta quindi di un malcostume duro a morire, e i testimoni, per inciso, non sono gli unici a farne le spese. Lewis ad esempio, nota 20 riferendosi ad un saggio che partiva da tale presupposto errato, ha così confermato tale considerazione:

La ricerca sui fuoriusciti da gruppi religiosi controversi ha dimostrato che campioni così limitati sono non rappresentativi, il che mette in discussione l’obiettività dell’intero studio. nota 21

Ed ecco come Introvigne ha a sua volta commentato un altro libro ostile ad una certa minoranza religiosa:

Come molta letteratura non scientifica in tema di "sette" il volume è costruito esclusivamente sulle testimonianze di "ex" […] e ha quindi - come ha rilevato il 14 maggio Le Monde - "tutte le debolezze di un regolamento di conti" . Certo, le narrative degli "ex"' hanno un loro posto nello studio di qualsiasi gruppo religioso o sociale: a patto però - come hanno chiarito fra gli altri gli studi di David Bromley e di Bryan R. Wilson - di considerarle come narrative socialmente costruite da "apostati" il cui genere letterario è normalmente la "storia di atrocità". L'"ex" ha diritto al rispetto e a fare intendere la sua voce, ma un'opera che si pretende scientifica dovrà mettere a confronto la sua narrativa con quelle di altri (coloro che nella comunità sono rimasti e si trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo diverso relazioni sociali, gli osservatori esterni) e non pretenderà di ricavare la "verità" dall'uso ossessivo di questo solo tipo di narrativa. Per sapere se le navi normalmente conducono in porto non è saggio chiedere la loro opinione soltanto ai naufraghi. nota 22

Ma non è tutto. Gli apostati fingono di ignorare una circostanza, anch’essa di natura statistica, tutt’altro che irrilevante e che Introvigne giustamente rimarca: nota 23 del totale di coloro che smettono di essere testimoni di Geova, solo una percentuale irrisoria va a ingrossare le file dei ‘dissidenti’ attivi; tutti gli altri si limitano a condurre una vita ‘normale’ rispetto alla quale il periodo vissuto all’interno di questa religione si configura come una parentesi aperta e quindi richiusa, spesso definitivamente. Disinteressati a qualunque polemica, costoro non si votano ad alcun “attivismo” anti-tdG. Non è una banale nota al margine, ma una considerazione addirittura essenziale nella comprensione del fenomeno dei fuoriusciti: considerazione di solito ignorata quando si parla di questo argomento perché, banalmente, non fa notizia.

Per paradosso l’esistenza di questi disassociati / dissociati “inerti” è da annoverare fra le principali sconfitte degli apostati, sempre a caccia di prove viventi a sostegno delle proprie tesi e quindi delusi nel constatare come una larghissima maggioranza di ex-testimoni di Geova non condivida le loro rivendicazioni o almeno non abbia alcuna voglia di appoggiarle. Al riguardo Introvigne ricorda:

Le cosiddette “sette” funzionano come porte girevoli: molti entrano ma molti escono. Gli ex-membri di movimenti religiosi controversi sono milioni. Le centinaia o anche migliaia che protestano non costituiscono dunque un campione rappresentativo. Studi scientifici dimostrano che anche nei gruppi più discussi oltre l’85% degli ex-membri non assume una posizione militante ostile al movimento che ha lasciato, ma rifluisce semplicemente nella vita sociale ordinaria, riconoscendo quando è intervistato aspetti positivi e negativi della sua passata esperienza. nota 24

E, in un altro lavoro:

Per la stampa – come è stato spesso notato – gli “apostati”, che propongono storie sensazionali o “atroci”, sono più interessanti dei normali membri soddisfatti della loro esperienza (o degli ex-membri che non hanno particolari ragioni di ostilità verso il movimento che hanno lasciato), il che li rende visibili in un modo sproporzionato rispetto alla loro effettiva consistenza. nota 25

Anche il già citato Lewis ha dedicato parte dei suoi sforzi a indagare le modalità con cui certi resoconti degli ex-membri sono selezionati e adattati, quando non piegati, alle posizioni aprioristiche di chi se ne avvale. I suoi studi hanno avuto esiti interessanti quanto inquietanti:

“I gruppi contrari alle minoranze religiose basano molto del loro attacco, se non tutto, sulle testimonianze di ex membri che riportano resoconti di manipolazione e di abuso. Gli ex membri che "sono stati là dentro" e che - così si presume - hanno vissuto in prima persona tutti gli orrori sui quali gli estranei possono solo fantasticare, rappresentano lo stereotipo della principale fonte di prove empiriche. Queste narrazioni, come gli anti-sette ci vorrebbero far credere, danno un'idea della vera natura e delle reali finalità di tali gruppi, contraddicendo l'immagine positiva che le religioni minoritarie vorrebbero di sé dare al mondo esterno.

Nella mia ricerca, ho scoperto che la maggior parte degli ex-membri erano possibilisti o persino positivi sulla loro precedente religione, spesso caratterizzando il proprio periodo di adesione come una benefica esperienza cognitiva. In netto contrasto, gli individui direttamente assistiti dagli attivisti anti-sette hanno descritto la loro adesione e la loro precedente religione nei termini dei tradizionali stereotipi negativi su "culti". La conclusione che si deve trarre è che la cosiddetta "consulenza di uscita" … è piuttosto un intenso processo di indottrinamento in cui la fede religiosa viene distrutta e sostituita dall'ideologia anti-sette. … una considerazione attenta di questa conclusione dovrebbe far sì che qualsiasi persona pensante abbia una esitazione prima di accettare le accuse più dure propagate dagli anti-sette.” nota 26

A conclusioni simili è pervenuto David Bromley: nota 27

“Rintracciati dai consulenti dell'associazione 'anti-sette', i racconti degli apostati vengono sollecitati, selezionati, spesso distorti per accomodarli al proprio quadro teorico e per rimpinguare il carico di storie scioccanti che gravano sul culto.... Se è altamente improbabile che siano usati per costruire una nuova contrapposizione fra l'associazione religiosa e lo Stato, il loro potere di stigmatizzazione è stato però direzionato nell'angusto vortice dei giornali, delle reti informatiche, della letteratura anti-sette.” nota 28

Lo studioso Lonnie Kliever nota 29 aggiunge quanto segue:

Alcuni di coloro che ne erano entrati a far parte, presto decidono che un particolare movimento religioso non fa per loro e se ne vanno. L’abbandono di solito passa inosservato, perché la maggior parte degli individui coinvolti considera quella sua esperienza passata come positiva, come un altro passo nel suo cammino spirituale. nota 30

E ancora:

La stragrande maggioranza delle defezioni dai nuovi movimenti religiosi è questione di apostasia volontaria. Inoltre, la netta maggioranza di coloro che lasciano di loro spontanea volontà, parlerà in modo positivo di alcuni aspetti della loro passata esperienza. […] Ma vi sono alcuni apostati volontari dei nuovi movimenti religiosi che se ne vanno profondamente inaciditi e altamente critici nei confronti della loro precedente appartenenza religiosa e attività. nota 31

Chi presta fede alle esperienze dei ‘disertori’ commette quindi un banale errore; assume il rischio di conseguire una visione riduttiva e parziale della realtà, quando non del tutto mistificata. Ne consegue anche che taluni elenchi di esperienze più o meno scioccanti pubblicati su certi siti Web, che all’avventore ingenuo possono apparire rimarchevoli per lunghezza, a fronte di quella netta prevalenza di testimoni di Geova che sono lieti di esserlo e che risultano perfettamente integrati nel proprio contesto, ma anche della quota parte di disassociati che non sentono alcuna necessità di partecipare alle crociate anti-testimoni, fanno la figura della proverbiale goccia nell’oceano. nota 32


L’ansia dela discolpa e i cattivi maestri

Sarà utile tornare sull’esposizione di Kliever, un docente che ha studiato per decenni il fenomeno delle religioni e dei relativi scismi ed apostasie. Kliever aggiunge nuovi interessanti spunti di riflessione a questa materia, e i suoi commenti lasciano davvero poco spazio a dubbi o possibilità d’interpretazione.

Io sono convinto, in base al mio addestramento professionale e alla mia ricerca accademica, che un apostata non dovrebbe essere accettato acriticamente dai mass media, dalla comunità accademica, dal sistema giuridico o da enti governativi come fonte credibile d’informazione sui nuovi movimenti religiosi. L’apostata deve essere sempre considerato come un individuo predisposto a fornire un racconto di parte del credo e pratiche della sua ex appartenenza e attività religiose. nota 33

Davvero tagliente è l’analisi che il prof. Kliever compie del ruolo di certune associazioni (che affermano di aiutare le ‘vittime delle sette’) nel fare da cassa di risonanza per i fuoriusciti:

Spesso ricevono l’auto-giustificazione che stanno cercando da organizzazioni anti-sette o gruppi religiosi fondamentalisti, entrambi i quali forniscono loro spiegazioni sul lavaggio del cervello nota 34 per razionalizzare la loro improvvisa adesione e l’altrettanto improvviso allontanamento da un nuovo movimento religioso. Le informazioni fornite da tali gruppi sono di solito profondamente negative e altamente di parte nei confronti dell’organizzazione abbandonata. Più precisamente, questi gruppi forniscono loro una lingua franca per raccontare le loro storie di seduzione e liberazione. Numerosi sociologi hanno sottolineato come le biografie di un “sopravvissuto alla setta” siano resoconti profondamente stilizzati che tradiscono l’influenza di scenari presi a prestito di schiavitù e liberazione, una storia sulla quale l’apostata si è ben esercitato, che racconta di isolamento sociale, manipolazione mentale, deprivazione fisica, sfruttamento economico e controllo ipnotico. Questi “racconti di atrocità” servono sia a fornire all’apostata una giustificazione che ad accusare la nuova religione di comportamento immorale e fede irrazionale. Alimentano inoltre e formano la percezione pubblica delle nuove religioni come qualcosa di pericoloso per la libertà di religione e l’ordine pubblico. nota 35

Non è difficile riscontrare come tante esperienze di ex-tdG, così comuni su Internet, corrispondano perfettamente all’identikit di Kliever, presentando sia una somiglianza reciproca che una certa ‘fedeltà’ rispetto ad un esemplare originale precostituito che fa da ‘stampo’; ed è solo naturale il sospetto (confermato dalla circostanza di avere a che fare quasi sempre con esperienze anonime) nota 36 che siano non solo guidate come dice il Kliever, ma addirittura fabbricate da una medesima regia. L’ombra lunga di tristi personaggi, generalmente ex-testimoni di Geova in fregola di una piccola notorietà da teatrino mediatico, che si candidano al ruolo di paladini della supposta ‘dignità offesa’ dei disassociati e di altri ideali nazionalpopolari, è ben distinguibile dietro i racconti di persone in palese carenza di punti di riferimento psicologico, come lo è dietro certi commenti celebrativi e persino ‘adoranti’ sul piano meramente fisico.

Comunque la si pensi, le conclusioni di Kliever sembrano collocare una pesantissima pietra tombale sulle recriminazioni degli ex:

Non esiste alcun dubbio che questi dedicati e fanatici oppositori delle nuove religioni presentino una visione distorta delle nuove religioni al pubblico, al mondo accademico e ai tribunali a causa della loro disponibilità e volontà di testimoniare contro le loro precedenti affiliazioni religiose e attività. Tali apostati agiscono sempre secondo uno scenario che li giustifica, addossando la responsabilità delle loro azioni al gruppo religioso. In verità, i vari scenari di lavaggio del cervello, così spesso invocati contro i nuovi movimenti religiosi, sono stati ripudiati in maniera schiacciante da sociologi e studiosi delle religioni e definiti niente più che dei tentativi calcolati per screditare il credo e le pratiche di religioni non convenzionali agli occhi di enti governativi e dell’opinione pubblica. Per giornalisti responsabili, studiosi e giuristi è difficile considerare tali apostati come fonti d’informazione credibile. […] In breve, alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti. nota 37

Con gran dispiacere dei gruppi anti-sette, che si provano, il più delle volte senza alcuna preparazione accademica, e invero con scarsi risultati, ad invalidare i suoi studi, Kleiver è in buona compagnia. C’è una ‘alluvione’ di docenti universitari e altri esperti nota 38 che pervengono ad esiti similari; segnaliamo altri contributi. Ancora David Bromley:

“Le uscite indotte, che abbiano o no una componente di controversia, vengono trasformate nel primo dei due casi in quanto gli oppositori esterni reclutano attivamente i fuoriusciti nella loro coalizione, forniscono loro reti sociali attraverso i quali i fuoriusciti possono reinterpretare i problemi personali come problemi dell'organizzazione e controllano il ruolo transitorio in termini favorevoli. […] Gli ex membri devono confessare la loro condotta sleale, o ammettere la perdita di libera volontà come conseguenza di una influenza sovversiva”. nota 39

John Melton: nota 40

“Parlando francamente, gli ex membri ostili oscurano invariabilmente la verità. Invariabilmente ingigantiscono incidenti minori e li trasformano in grandi incidenti, e sul lungo periodo le loro testimonianza quasi sempre cambia perché ogni volta che la raccontano percepiscono la reazione di accettazione o rifiuto di chi li ascolta, e di conseguenza verrà sviluppata e incorporata nella visione diversa del mondo che stanno adottando”. nota 41

John Corrigan: nota 42

“L'evidenza storica mostra che gli ex-membri spesso rappresentano testimoni men che attendibili. Essi tendono ad aggregarsi ai gruppi anti-sette e successivamente demonizzano il proprio precedente culto ricorrendo a dichiarazioni grossolane.” nota 43

Stuart Wright: nota 44

“L'apostata è un disertore schierato in una coalizione contrapposta nell'intento di sollevare una polemica, e promuove attività pubbliche di rivendicazione per attaccare il proprio precedente gruppo. Contrariamente ai tipici ex-membri le cui reazioni vanno dall'indifferenza al dissenso silenzioso, l'apostata assume un contegno insolente e ostile e persegue una campagna morale per screditare il gruppo... L'apostasia può essere meglio compresa in termini di narrazioni e di ruoli. L'apostata, è dimostrato, segue un modello (o formula) prevedibile per fornire delle spiegazioni, dopo il proprio coinvolgimento, dei motivi per cui si aderisce al gruppo che vuole screditare. Questa spiegazione stereotipata è descritta come un 'racconto di schiavitù', che enfatizza la presunta manipolazione, l'essersi ritrovato in una trappola, e l'aver perseguito, in modo idealistico ma inconsapevole, le pratiche sinistre del 'culto’”. nota 45

Raffaella di Marzio: nota 46

“A proposito delle fonti utilizzate per acquisire informazioni sui gruppi religiosi, è mia opinione che siano commessi vari errori. Attraverso gli anni, sono divenuta consapevole che i racconti degli ex-membri sono altamente influenzati dal loro stato corrente, che è fortemente ostile al gruppo che hanno lasciato. Inoltre, ascoltando la parte avversa, ovvero il gruppo che è stato abbandonato, sono venuta a conoscenza di certi aspetti relativi al modo di operare degli ex-membri dei quali ero totalmente all'oscuro.” nota 47

Daniel Carson Johnson: nota 48

"I resoconti portano il confine fra realtà e finzione fino al limite. Le narrative degli apostati denotano quelle che definisco 'indulgenza autobiografica' e 'contestualizzazione artificiale'. A proposito di quest'ultimo fattore, i tempi e la durata dell'affiliazione, così come la natura della iniziativa originale e le motivazioni che portarono ad essa, sono quasi ricostruiti... Le narrative degli apostati spesso sono precedute da dichiarazioni di 'alleati' che riportano ulteriori denunce a carico dell'organizzazione controversa, o avallate da recensioni compiacenti."

"Il pubblico in definitiva promuove e sponsorizza la narrativa apostata, una volta che è stata romanzata. Il supporto e la 'certificazione' del pubblico contribuiscono ad edificare la credibilità del racconto e la veridicità e la fidatezza del narratore-fuoriuscito. La lontananza dal vero della narrativa per paradosso rafforza la sua plausibilità, ancorché attraverso la sospensione del dubbio, e amplia il suo fascino". nota 49

Danny Jorgensen: nota 50

“Il ruolo dei media nel fabbricare, o nel riferire, la realtà è specialmente evidente nel modo in cui essi trattano il tema dei culti. In parte, questa complicità esiste perché gli apostati che hanno una 'storia di atrocità' da raccontare si rendono prontamente disponibili ai giornalistiOltre ad una assenza di vera informazione sulle esperienze di vita vissuta da parte di persone nei nuovi movimenti religiosi, c'è il fatto che i media sono attratti dalle storie sensazionali.” nota 51

Significativo il cenno che Kliever e altri fanno di certi rappresentanti delle religioni tradizionali, i quali contribuiscono, seguendo anche e soprattutto l’agevole strada delle testimonianze degli ex, ad alimentare una vera e propria ‘cultura del sospetto’ verso quelli che egli definisce i nuovi movimenti religiosi. nota 52 Si tratta di un rapporto simbiotico: è risaputo infatti che gli ex trovino a loro volta, in certi ambienti cattolici, terreno fertile per le proprie speculazioni, essendo stati definiti i testimoni una ‘vera spina nel fianco per la Chiesa’ a motivo dello ‘stillicidio di conversioni’ che provocherebbero. nota 53 Ecco come Carolyn Wah nota 54 ha commentato questo ‘abbraccio mortale’:

Sebbene in testimoni di Geova descrivano la propria religione sia come basata sulla Bibbia sia come cristiana, le loro pratiche religiose, e particolarmente il loro attivo proselitismo, non hanno ottenuto il consenso delle religioni tradizionali. Tale antagonismo è dovuto in parte alla zelante condanna, da parte dei Testimoni, del coinvolgimento e del contributo delle chiese alle attività politiche e allo sforzo militare. Mentre i membri della Chiesa diminuiscono e i Testimoni continuano ad aumentare, le chiese tradizionali mal sopportano il proselitismo dei Testimoni e sollecitano restrizioni governative a tale attività allo scopo di arginare il calo numerico dei propri fedeli. Ex-Testimoni hanno fornito informazioni erronee e non provate ai media e a fonti di governo, e i media controllati dalle chiese hanno adoperato la propria influenza per disseminare informazioni finalizzate a mettere i Testimoni in cattiva luce. nota 55

Non di rado incontri ideati, o caldeggiati, da apostati, intitolati alla nobile causa dell’ “aiuto alle vittime delle sette” ma per lo più pretesti per intavolare i processi a senso unico che ben conosciamo, sono tenuti in piccole cappelle o altre sale messe a disposizione da sacerdoti e qualche volta con la presenza o l’attiva partecipazione di questi ultimi. Alla luce di tutto ciò, si può allora solo immaginare il rincrescimento con il quale è stata accolta una recente intervista a Vittorio Messori, nota 56 notissimo scrittore cattolico che nel passato non ha risparmiato critiche ai testimoni di Geova. Commentando un servizio televisivo imperniato sul tema delle sette religiose, ha acutamente osservato:

Particolarmente fastidioso il fatto che fosse quasi interamente costruito su testimonianze di “ex”. Se sto alla mia esperienza di cronista, non di sociologo, poche cose sono fuorvianti come le accuse alla sua antica organizzazione da parte di chi è uscito sbattendo la porta. Ci sono addirittura degli “ex” di professione, sempre intervistati su qualunque giornale e tv. […] Nel mio lavoro di giornalista, non mi sono mai fidato né di questi né di altri pentiti: per esempio, dei gruppi, assai affollati, di ex-geovisti […] Non occorre essere psicologi per comprendere il perché di una doverosa diffidenza: chi ha abbandonato una strada, magari una vocazione, un ideale, deve giustificarsi davanti a se stesso e al prossimo, ha bisogno di aumentare la responsabilità degli altri per diminuire la propria, per contrastare il senso di colpa che cova, magari nell’inconscio e che in qualche caso è devastante. Non mi azzardo oltre in questi intrighi emotivi. Volevo solo avvertire, sulla base della esperienza: qualunque realtà discussa contestata dobbiate giudicare, non fatelo prendendo sul serio sempre e solo le testimonianze, magari impressionanti, di chi se ne è andato. Non fate, cioè, come certi giornalisti televisivi in cerca dell’effettaccio… nota 57

Non resta che augurarci che la raccomandazione di Messori sia presa a cuore da tutti, inclusi quelli che si appassionano a raccogliere, deformare ad arte, pubblicare e propagandare di queste storie. Ci crediamo poco, ma fa nulla: dove non può o non vuole arrivare l’uomo, arriverà presto Dio a fare una chiara distinzione fra ‘il giusto e il malvagio’. – Malachia 3:18

Note in calce

NOTA 1 Dove non diversamente indicato, l’uso di grassetto, corsivo e sottolineato nelle citazioni di questo articolo è dei suoi autori ed è assente nelle fonte originali. Le traduzioni dall’inglese, quando non disponibili in edizioni italiane ufficiali, sono state curate dagli autori del presente articolo.


NOTA 2 B.R.Wilson, The Social Dimensions of Sectarianism, Clarendon Press, Oxford 1990, p. 19. Bryan Ronald Wilson (1926-2004), inglese, insigne sociologo e presidente della International Society for the Sociology of Religion. Da sottolineare il fatto che la letteratura della Watch Tower Society molto raramente, se non mai, abbia citato dichiarazioni di studiosi orientate a ridimensionare le testimonianze apostate.


NOTA 3 Secularization Rationalism and Sectarianism - Essays in Honour of Bryan R. Wilson, di E.Barker, J.A.Beckford e K.Dobbelaere, ed. Clarendon Press, Oxford 1993.


NOTA 4 Il professor James Richardson ha osservato a questo proposito: “i media operano quali entrepreneurs morali […] e come istituzioni di controllo sociale che marginalizzano, delegittimano e screditano i movimenti di opposizione”. (Journalistic Bias Toward New Religious Movements in Australia, in Journal of Contemporary Religion 11/1996: 289, 290). James Richardson, docente di Studi e Sociologia Giudiziaria presso l’Università del Nevada, Reno.


NOTA 5 sociologo, Dipartimento di Sociologia dell’Università di Alberta (Canada).

NOTA 6 dagli atti del convegno Systematic abuse in cults: testimonies and evidence (Varsavia 2011).

NOTA 7 The History of Credibility Attacks against former Cult Members, dagli atti del convegno Systematic abuse in cults: testimonies and evidence (Varsavia 2011), pag. 4.


NOTA 8 ibid., pag. 9.


NOTA 9 Irving Hexham, docente universitario di Studi Religiosi all’Università di Calgary (Alberta, Canada). Autore di oltre venti libri e di decine di saggi e articoli di argomento sociologico e antropologico.


NOTA 10 Karla Poewe, storica e antropologa, professore emerito di antropologia all’Università di Calgary (Alberta, Canada) e docente alla Liverpool Hope University.


NOTA 11 New Religions and the Anticult Movement in Canada, in New Religious Movements in the 21st Century, ed. Lucas e Robbins, Londra 2004, pag. 247.


NOTA 12 The History of Credibility Attacks against former Cult Members, dagli atti del convegno Systematic abuse in cults: testimonies and evidence (Varsavia 2011), pag. 8.


NOTA 13 ibid., pag. 7. Kent rimarca il ’totale rifiuto [di Wilson] dei resoconti degli ex-membri’ (ibid., pag.8).


NOTA 14 Apostates and New Religious Movements, Los Angeles 1994, pag. 4.


NOTA 15 John A. Saliba, prete gesuita, scrittore, professore di Studi Religiosi all’università di Detroit Mercy.


NOTA 16 Perspectives on News Religious Movements, ed. Geoffrey Chapman, Londra 1995, pp. 200-3, 212-3.


NOTA 17 Massimo Introvigne, sociologo, filosofo e scrittore italiano. Fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) e membro della sezione di Sociologia della Religione dell'Associazione Italiana di Sociologia. Gli apostati hanno spesso attinto a questo studioso, per la sua lunga esperienza in fatto di movimenti religiosi, ma hanno dovuto… smettere di farlo da quando, in special modo a partire dalla prima metà degli anni 2000, Introvigne ha contribuito con i suoi scritti a demolire i pregiudizi intorno ai testimoni di Geova (e ad altri gruppi religiosi di minoranza). Meritano almeno un cenno i tentativi, decisamente squallidi, di vari ex-testimoni di Geova e altri di screditare sul piano personale i ricercatori schierati contro il ricorso strumentale a testimonianze di fuoriusciti, secondo un procedimento ingannevole che in logica è definito argumentum ad hominem circostanziale. Un oscuro critico (Tilman Hausherr) è arrivato a definire il prof. Wilson ‘una marionetta’ nelle mani delle sette.


NOTA 18 FAQ sul lavaggio del cervello e la manipolazione mentale, dal sito del CESNUR.


NOTA 19 Per un esempio scherzoso di come una base statistica inadeguata possa indurre risultati anomali, si veda l’appendice 1: “Tom & Jerry ed il campione auto selezionato”.


NOTA 20 James Lewis, scrittore e professore associato di Studi Religiosi all’Università di Tromsø (Norvegia).

NOTA 21 J.R.Lewis, Letter to Monty L. Lynn (4/3/1993).

NOTA 22 I naufraghi del buon senso, dal sito del CESNUR. Si veda anche, dello stesso autore e sul medesimo sito, Il fantasma della libertà. Le controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa, capitolo Il conflitto fra narrative e la libertà di fronte alle narrative (Torino, 14-01-1997).

NOTA 23 FAQ sul lavaggio del cervello e la manipolazione mentale, dal sito del CESNUR.

NOTA 24 ibid.

NOTA 25 M.Introvigne, I Testimoni di Geova – Già e non ancora, Elledici, Torino 2002, pag. 77. Circa l’eventuale incidenza che le ‘storie atroci’ avrebbero nel rallentare l’incremento dei testimoni di Geova, come gli apostati ovviamente auspicano, Introvigne precisa: “Lo spazio che il dissenso riesce a conquistarsi sui media è inversamente proporzionale alla sua effettiva audience tra i fedeli di base, presso i quali l’influenza degli “apostati” è spesso minima […] si può perfino rovesciare l’argomento e sostenere che la presenza di “apostati” e oppositori – entro certi limiti, e da un altro punto di vista – aiuta la crescita del movimento”. (ibid., pag. 77, 78; corsivo presente nell’originale).

NOTA 26 Adidam, Controversy, and Former Members, dagli atti del convegno CESNUR di Salt Lake City, 11-13 giugno 2009.

NOTA 27 David G.Bromley, professore di Sociologia alla Virginia Commonwealth University, presidente del Dipartimento di Sociologia ed Antropologia alla University of Virginia.

NOTA 28 The Politics of Religious Apostasy: The Role of Apostates in the Transformation of Religious Movements, Praeger Publishers, USA 1998, pag. 206.

NOTA 29 Lonnie Kliever, filosofo, scrittore, docente universitario, presidente del dipartimento di Studi Religiosi della Southern Methodist University.

NOTA 30 L.D.Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.5.

NOTA 31 ibid., pag.6. È molto interessante il seguente parallelismo istituito da Kliever: “La dinamica della separazione dal gruppo religioso che una volta amavano è analoga a un’aspra separazione o divorzio. Sia il matrimonio sia la religione richiedono un notevole grado d’impegno. Maggiore il coinvolgimento, più traumatica sarà la rottura. Più lungo è stato il coinvolgimento, più impellente è la necessità di biasimare l’altro per questo rapporto finito male. Membri di movimenti religiosi che hanno avuto un coinvolgimento profondo e di lunga durata e che con il tempo si sono stancati della loro religione, spesso addossano alla loro precedente affiliazione religiosa e attività la colpa di ogni cosa. Amplificano piccoli errori trasformandoli in enormi malvagità. Trasformano delusioni personali in tradimenti malvagi. Arriveranno anche al punto di raccontare falsità incredibili per danneggiare la loro ex religione. Non è una sorpresa che questi apostati spesso facciano appello, dopo il fatto, a scenari di lavaggio del cervello, di solito invocati per giustificare la separazione forzata da un nuovo movimento religioso.”

NOTA 32 Per alcune riflessioni sulla rilevanza statistica dei disassociati / dissociati divenuti contestatori dei testimoni di Geova, si vede l’appendice 2: “Considerazioni statistiche: un caso di studio”.

NOTA 33 L.D. Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.3.

NOTA 34 Il lavaggio del cervello, chiamato più elegantemente ‘plagio’ o ‘manipolazione mentale’, è un refrain piuttosto comune nel lessico degli apostati; o meglio lo era, dato che non solo gli antropologi lo considerano da decenni una leggenda metropolitana, ma in molti paesi anche il Legislatore vi si è adeguato. In Italia il reato di plagio è stato abolito definitivamente con sentenza della Corte Costituzionale n.96 dell’8 giugno 1991. Gli affezionati della pittoresca espressione ‘lavaggio del cervello’ hanno dovuto inghiottire l’amaro boccone, ma all’occorrenza questo termine di sicuro effetto si riaffaccia abusivamente in qualche intervista ad ex testimoni di Geova. Secondo Introvigne, “gli ex membri ostili […] trovano nella manipolazione mentale una comoda spiegazione del loro impegno di un tempo” (Il fantasma della libertà. Le controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa, capitolo La libertà politica e il mito della manipolazione mentale, sito del CESNUR; Torino, 14-1-1997).

NOTA 35 L.D.Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.7.

NOTA 36 L’anonimato, altra nota dolente delle esperienze degli ex-tdG: specialmente quelle dei forum di Internet, ove la presenza di riferimenti e coordinate precisi costituisce una vera rarità. Quando si mette il dito sulla piaga, l’appunto si trasforma in un’altra accusa nei riguardi dell’Organizzazione, tanto forte quanto arbitraria, nella misura in cui si pasce di nuovo del suo stesso anonimato: “non posso uscire allo scoperto, perché l’Organizzazione si vendicherebbe”. Le esperienze anonime, oltre ad avere (com’è ovvio) peso nullo dal punto di vista statistico, per paradosso si ritorcono contro chi vi fa ricorso: chi le legge ne prende atto, ed è libero di farsi le sue legittime idee sullo scarso coraggio dei protagonisti o, peggio, sulla possibilità che siano frutto di pura invenzione.

NOTA 37 L.D. Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.8.

NOTA 38 Un elenco parziale di nomi, dal quale sono stati esclusi quelli già citati in questo articolo: Jonas Alwall; Nancy Ammerman; Dick Anthony; Philip Arnold; Eileen Barker; Giovanni Cantoni; George Chryssides; Rainer Flasche; Frank Flinn; Joseph Grieboki; Jeffrey Hadden; Thomas Hase; Günther Kehrer; Dean Kelley; Jean-Francois Mayer; Rebecca Moore; Lynn Neal; Susan Palmer; Steffen Rink; Thomas Schweer; Hubert Seivert; Marat Shterin; Anson Shupe; Margaret Singer; Lowell Streiker; James Tabor; Damian Thompson; Keith Tolbert; Catherine Wessinger. I credits di questi studiosi, come l’elenco dei loro scritti accademici e anche qualche libro in formato elettronico, sono facilmente reperibili sulla Rete. Consigliamo in particolare le seguenti letture: J.A.Beckford, Cult Controversies: The Societal Response to New Religious Movements, ed. Tavistock Publications, Londra 1985; S. A. Wright, Leaving Cults: The Dynamics of Defection, Society for the Scientific Study of Religion, Washington, D.C., 1987; A.D.Shupe, D.G.Bromley, Apostates and Atrocity Stories, in B.Wilson, The Social Impact of New Religious Movements, ed. Rose of Sharon Press, New York 1981.


NOTA 39 D.G.Bromley, The Politics of Religious Apostasy: The Role of Apostates in the Transformation of Religious Movements, ed. Praeger Publishers, 1998.


NOTA 40 John Gordon Melton, dipartimento di Studi Religiosi dell’Università della California, Santa Barbara (USA).


NOTA 41 dal sito internet contendingforthefaith.org, pagina “The Experts Speak–John Gordon Melton, Ph.D.”, 1995.


NOTA 42 John Corrigan, docente universitario di Storia delle Religioni alla Florida State University.


NOTA 43 Religious Intolerance in America: A Documentary History, University of North Carolina Press, USA 2010.


NOTA 44 Stuart Wright, docente universitario di sociologia alla Lamar University.


NOTA 45 Exploring the Varieties of Apostate Roles, Praeger Publishers, USA 1998.


NOTA 46 Raffaella Di Marzio, psicologa, membro della Società Italiana di Psicologia della Religione.


NOTA 47 Facing the 'Dark Side' of Cults - Balance of FIFTEEN Years' Experience, dagli atti del convegno CESNUR di Torino (2010).


NOTA 48 Daniel Carson Johnson, docente universitario di sociologia presso la University of Virginia.


NOTA 49 Apostates who never were, Praeger Publishers, USA 1998.


NOTA 50 Danny Jorgensen, sociologo, storico, docente universitario di Studi Religiosi presso la University of South Florida.


NOTA 51 The Social Construction and Interpretation of Deviance: Jonestown and the Mass Media, in Hearing the Voices of Jonestown, Syracuse University Press, USA 1998, pag.39.


NOTA 52 Un contributo illuminante che data all’ultima parte del passato millennio: “Il rappresentante del G.R.I.S. piemontese ha informato che a Torino hanno tenuto 14 incontri per informare gli alunni di terza media contro il “geovismo” e che altri incontri erano programmati in altre 40 scuole. […] ben ventitré lezioni contro i Testimoni di Geova sono state tenute da esponenti del G.R.I.S. in undici istituti scolastici di Torino e provincia. Anche a Roma un sacerdote del G.R.I.S. ha tenuto nel marzo 1989 una lezione di “antigeovismo” con gli alunni dell’Istituto scolastico “Villoresi” in Via della Pisana […] È stato infine accennato alla necessità di utilizzare, nella campagna anti “geovismo”: 1) gli ex Testimoni di Geova; 2) i mass media, coinvolgendoli maggiormente; 3) le strutture parrocchiali; 4) gli organi statali opportunamenti sensibilizzati”. (Intolleranza religiosa alle soglie del Duemila, Associazione europea dei Testimoni di Geova per la tutela della libertà religiosa, con commenti di P.Bellini e M.Mellini, Fusa editrice, Roma 1990, pag. 84). Il G.R.I.S., nato nel 1987 come Gruppo di Ricerca e di Informazione sulle Sette, nel 2002 ribattezzato Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa, è un’organizzazione dichiaratamente cattolica; l’attuale presidente è un frate domenicano.


NOTA 53 www.dust.it , articolo on-line Ufologi, satanisti e buddisti: per la Curia son tutti uguali dell’8 giugno 2001.


NOTA 54 avvocato e articolista per l’American Journal of Family Law, il Family Law Quarterly ed il Family and Conciliation Courts Review.


NOTA 55 C.R.Wah, Jehovah's Witnesses and the responsibility of religious freedom: the European experience, dal Journal of Church and State, 22 giugno 2001, pag. 1 § 2 della versione elettronica dell’articolo; si vedano anche le note sulle testimonianze degli ex membri e sulla ‘famigerata letteratura anti-sette a pag. 6 § 6, pag. 7 § 1 e pag. 11 § 2, che includono commenti del prof. Hubert Seiwert dell’Università di Lipsia.


NOTA 56 Vittorio Messori, scrittore e giornalista, autore di oltre 20 libri di argomento religioso, fra i quali il celeberrimo Varcare le soglie della speranza scritto a quattro mani con papa Giovanni Paolo II. Insignito nel 1994 del Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica.

NOTA 57 Le “sette” e i loro “ex”, dal sito del CESNUR (11/02/2011).