Gesù Cristo e Matteo 1:23 – “EMMANUELE”


I cristiani testimoni di Geova sono noti per il loro rifiuto della dottrina della Trinità. Infatti essi credono nell’unicità dell’Iddio Onnipotente, il Padre. Questa loro posizione è ben fondata sulle Sacre Scritture ed è supportata dagli scritti dei padri pre-niceni. Nonostante ciò, i trinitari spesso oppongono varie Scritture che comproverebbero tale dottrina. Una di queste è Matteo 1:23 in cui si legge: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi” (CEI). Questa Scrittura proverebbe realmente l’uguaglianza ontologica (di essenza) fra Cristo e il Padre, come vorrebbero farci credere i trinitari?


Per rispondere a questa domanda la redazione di TdGOnline propone ai suoi lettori (previa autorizzazione dell’Editore) un estratto del libro La tua Parola è verità, 50° anniversario della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, pubblicato anche in lingua italiana, che fa luce sulla corretta esegesi di questo passo del Vangelo di Matteo.


Tratto dal libro La tua Parola è verità, 50° anniversario della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture

di David Jakubovic [1]


I trinitari hanno aspramente criticato la TNM per aver, stando all’accusa, ‘annacquato’ la divinità di Gesù Cristo in alcuni versetti chiave. Poiché alcuni tentano di convalidare le teorie trinitarie sulla base di paralleli tra AT e NT, è necessario agire con molta cautela prima di prendere per vera la difesa trinitaria fondata su titoli ‘contenenti il nome di Dio’ o ‘teofori’ come “Emmanuele” (Matteo 1:23).


La citazione di Isaia riportata in Matteo 1:23 viene spesso utilizzata per sostenere la divinità di Cristo, dal momento che ‘Emmanuele’ [‘Con noi è Dio’] si applica a Gesù. Secondo Albert Barnes, Matteo dimostra “che il Messia era realmente ‘Dio con noi’ ”.[2] Spence Little asserisce che gli scrittori del NT come Matteo utilizzavano le profezie dell’AT “per affermarne l’adempimento finale nella Persona del Figlio Incarnato, il Messia – ‘Emmanuele – Dio con noi’ ”.[3] Youngblood cita ‘Con noi è Dio’ di Matteo, come riflesso quasi certo della divinità incarnata”,[4] mentre Scott conclude: “fu mostrato che Gesù era Emmanuele” (Matteo 1:23). “Egli è realmente ‘Dio con noi’ fatto carne”.[5] La NIDNTT riecheggia quanto sopra, dicendo di Matteo 1:23, “Il bambino sarà Dio venuto sulla terra”.[6]


Scrittori più apertamente polemici utilizzano questo versetto come testo dimostrativo, come Martin e Klann che affermano, insieme a Robert Morey[7]: “il termine ‘Emmanuele’ stesso (Dio o Geova con noi) smentisce qualsiasi altra interpretazione”[8] . James Bjornstad usa Matteo 1:23 per affermare, “Era veramente Dio in carne d’uomo”,[9] mentre Burrell & Wright concordano dicendo: “Egli era Figlio di Dio e Dio con noi”.[10] Lo studioso ebreo Bivin è citato da Josh McDowell a conferma del fatto che Gesù “quasi mai insegnò senza affermare di essere non solo il Messia divino ma più sorprendentemente, ‘Emmanuele’, ‘Dio con noi’”.[11]


Mentre tale dimostrazione può sembrare decisiva, un’attenta analisi del testo e del contesto di Matteo 1:23 e Isaia 7:14 (il suo precedente dell’AT) mette in dubbio la tesi trinitaria. Tanto per cominciare, è essenziale analizzare in che senso la Bibbia afferma che ‘Dio è con’ qualcuno. Nell’AT si legge almeno 89 volte che Dio è con il popolo del Suo patto, da Isacco e Giacobbe (Genesi 26:28; 28:15) fino a Mosé (Esodo 4:12), i giudici (Giudici 2:18) e Davide (1 Samuele 18:12), per citarne solo alcuni. Scott ricostruisce tutti questi riferimenti e conclude:“Pertanto nello strabiliante numero di versetti in cui al popolo di Dio, a livello individuale o collettivo, viene assicurata la presenza di Dio, ovvero ‘Dio con – ’, vi è il nome personale di Dio [YHWH]”.[12] Il fatto che in questi esempi sia coinvolto il nome personale di Dio è segno dell’intimità con Dio di cui fruivano gli uomini, evidenziando fra l’altro l’importanza del nome divino nella Bibbia.


Naturalmente Dio non è mai stato né ‘fisicamente’ né personalmente presente, ma lo era figurativamente nello stesso modo in cui Gesù sarebbe stato sempre presente con i cristiani (Matteo 28:20).Tuttavia, la natura molto teofora di ‘Emmanuele’ non preannuncia forse una presenza divina più personale? Non necessariamente, poiché, come fa notare Ragioniamo[13], molti nomi ebraici incorporavano la parola ‘El’ [Dio] nello stesso modo, tra questi ‘Eliata’ [il mio Dio è venuto] e ‘Ieu’ [Geova è egli] senza per questo lasciare intendere che il possessore fosse Dio incarnato. Un notevole esempio tratto da Proverbi 30:1 è citato da A. Buzzard (‘Itiel’ o ‘Dio con me), in merito al quale egli osserva:“Nomi di questo tipo indicano l’evento divino associato alla vita dell’individuo che lo possiede”.[14]


Lo stesso dicasi di ‘Immadiyahu’ [Con me è Geova] e ‘Immanuyah’ [Con noi è Geova] entrambi citati da Gottwald:“E’ inoltre chiaro che Emmanuele non è un titolo teoforo insolito. Che agli Ebrei venissero dati nomi simili lo ha dimostrato M. Noth: ‘Iimmanujah’ da Elefantina e ‘Iimmadijah’ da un’iscrizione di un sigillo di origine sconosciuta”.[15] I nomi incorporanti Dio, quindi, non erano poco comuni, né rendevano divini chi li portava. McKane si riferisce all’assegnazione di tali nomi in riconoscimento degli atti salvifici di Dio in Isaia 7:“Le madri contrassegneranno questa esperienza di salvezza e liberazione dando ai loro figli il nome Emmanuele. Il nome sarà assai di moda poiché risponde ad un nuovo senso di sicurezza e fiducia”.[16] Rivolgendoci al NT, rileviamo che Albert Barnes ammette l’evidenza dell’AT sopra menzionata, tuttavia si avventura nell’esegesi:


“Gli Ebrei utilizzavano spesso il nome di Geova, o Dio, nei loro nomi propri. Pertanto, Isaia significa ‘salvezza di Geova’, Eleazer ‘aiuto di Dio’, Eli ‘Mio Dio’ ecc. Ma evidentemente Matteo intende dire più di quanto non sia denotato dal semplice utilizzo di tali nomi” [Il corsivo è mio]. [17] ‘Evidentemente’ qui andrebbe letto come ‘presumibilmente’, poiché l’‘evidenza’ di Barnes è estremamente soggettiva e presuppone la formula ‘Gesù = Dio’.


Barnes sostiene la sua teoria in questo modo:“Sebbene il semplice utilizzo di tale nome non dimostrasse il possesso da parte sua di una Natura Divina, tuttavia nel modo in cui Matteo lo usa e intendeva evidentemente applicarlo, esso dimostra effettivamente che Gesù era più che un semplice uomo; che egli era Dio e uomo insieme”.[18] Il fatto che egli utilizzi ancora l’avverbio ‘evidentemente’ ci mette in guardia nei confronti dell’argomentazione speciosa di Barnes. Matteo sarebbe stato ben consapevole dei linguaggio che sta dietro a ‘Emmanuele’ e ad altri titoli teofori nell’AT, ma Barnes legge un intento trinitario nelle parole di Matteo che (ad una lettura normale, non distorta da alcuna inclinazione trinitaria) “non dimostrerebbero che egli aveva una natura Divina” (Barnes). Che la speculazione di Barnes sia ingiustificata lo si capisce dalla lettura di commentatori come A. B. Bruce:


“Emmanuel = ‘con noi è Dio’, implicante che l’aiuto di Dio arriverà tramite il bambino Gesù. Non implica necessariamente l’idea dell’incarnazione”.[19]


Il trinitario Moses Stuart vede l’inadeguatezza di Matteo 1:23 per la sua idea di Dio:


“Affermare che il nome Emmanuele convalida la dottrina trinitaria significa ragionare in modo fallace, sebbene molti trinitari abbiano sottolineeato tale tesi. Gerusalemme è chiamata “Geova la nostra Giustizia”. E’ forse divina anche Gerusalemme?”[20] oppure come ammette Young (che in realtà legge il versetto in chiave trinitaria) in merito a Isaia 7:14: “Lei gli metterà nome Emmanuele perché, in un modo unico, Dio è presente con il suo popolo”.[21]


In quale modo unico? Non come incarnazione, poiché Young cita poi un testo parallelo dell’AT, Salmo 46:7: “Il SIGNORE degli eserciti è con noi”. Solo chi vuole a tutti i costi leggere la Trinità nella Bibbia può interpretare ‘Emmanuele’ in modo che il suo significato trascenda ciò che la stessa parola significa in Isaia 7:14, che (per Young) è a sua volta un’eco di Salmo 46:7. E’ corretto asserire che la congettura di Barnes è del tutto infondata. Esaminando ora il greco utilizzato in Matteo 1:23, è interessante ricordare ciò che l’opera Thayer’s Lexicon (p. 403) dice di meth, la preposizione ‘con’: “trop. [tropicalmente, cioè non letteralmente] la frase (essere con, vedi b.) è usata per parlare di Dio, se egli è presente per guidare ed aiutare qualcuno: […] Matteo 1:23”. L’opera Arndt & Gingrich’s Lexicon (pag. 510) dice parimenti: “fig. [anche qui, non letteralmente] di ausilio o d’aiuto, essere con qualcuno, sostenere, aiutare qualcuno, dell’aiuto divino […] cfr. Matteo 1:23”. R. E. Brown fa notare l’importanza di questo senso metaforico di ‘con’ quando nota:“Matteo 1:23 […] Matteo lo vedrebbe [il proposito di Dio per Giuda] realizzato in misura completa da Gesù, ma non in senso letterale come se egli stesse identificando Gesù con Dio, bensì esclusivamente nel senso che Gesù è la piena (compiuta) espressione della presenza di Dio con il suo popolo”.[22] Wainwright esprime un giudizio sulle due possibili traduzioni inglesi ‘Dio con noi’ e ‘Con noi è Dio’: “La traduzione ‘Dio con noi’ implica che Gesù è Dio. Ma l’identificazione non è assoluta bensì limitata dalle parole ‘con noi’”.[23]


E che dire dell’altra traduzione, ‘Con noi è Dio’? Qui l’accuratezza della TNM è degna di nota, poiché è in questo modo che essa traduce ‘Emmanuele’. Il traduttore biblico Byington riconosce tale pregio:“Hanno inserito ‘è’, aggiunta richiesta sia dalla grammatica ebraica che da quella greca, nella traduzione di ‘Emmanuele’”.[24] La valutazione che Wainwright ha reso di questa traduzione caratterizzata da maggiore precisione è significativa per poter interpretare correttamente Matteo 1:23: “La seconda traduzione ‘Dio è con noi’ significa semplicemente che Dio era presente in Gesù. Ciò non implica che Gesù fosse Dio”.[25] ‘Dio era presente’ nell’AT con una disposizione simile, come mostrato sopra, caratterizzata della sua azione salvifica e la sua osservanza del patto. Cheyne e Black notano che ‘Yahwè è con noi’ era un’espressione popolare di fede religiosa (Am. 5:14)”[26] e Youngblood ricollega ciò al tema dei patti: “In un certo senso, ‘Dio è con noi’ è la storia delle Sacre Scritture in sintesi. La frase chiave del patto ‘..e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo’ è talvolta chiamata il ‘tema di Emmanuele’ nella teologia del patto”.[27]


Commentando la traduzione considerata più fedele ‘Con noi è Dio’, Wainwright conclude:“La traduzione ‘Dio è con noi’, tuttavia, può significare semplicemente che la venuta di Gesù è un esempio dell’attività di Dio tra gli uomini. A causa della sua ambiguità, questo versetto non può essere utilizzato per dimostrare che Gesù era chiamato Dio”.[28] ‘Un esempio dell’attività di Dio tra gli uomini’ richiama la nozione di ‘salvezza, liberazione, sicurezza e fiducia’ descritti da McKane in Isaia 7:14 e coincide perfettamente con il ruolo soteriologico esercitato da Gesù nella “storia della salvezza” di Dio. L’accurato studio di D. D. Kupp conduce a conclusioni simili, considerevolmente distanti da quelle del trinitarismo:“L’Emmanuele di Matteo, tuttavia, è l’agente personale della promessa divina di salvare ed essere ‘con’ il suo popolo. Non è quindi giustificabile vedere Gesù come l’incarnazione dell’intero potere salvifico che si legge nell’asserzione biblica, ‘Io sono con te’ resa da Dio”.[29] Come considerazione finale, Wainwright fa una breve osservazione su Matteo 1:23:


“L’ordine delle parole nel greco suggerisce che ‘con noi’ sia avverbiale e che la frase significhi ‘Dio è con noi’”.[30] Ciò è rilevante per decidere se ‘theos’ presente in Matteo 1:23 connota una ‘divinità’ essenziale di Gesù o designa semplicemente la presenza di Geova in senso rappresentativo.


Il trinitario Harris si concentra su questa parte di Matteo 1:23 e fa notare il posizionamento della frase ‘Con noi è Dio’. Egli interpreta la frase non come aggettivale, denotante l’identità essenziale (Chi è Dio), bensì avverbiale (come Wainwright) (in cui Dio agisce):


“L’ordine delle parole fa pensare che [meth hemon] sia predicativo anziché attributivo, con funzione di avverbio e non di aggettivo”.[31] La conclusione finale di Harris è coerente con quella dei Testimoni di Geova, poiché, come hanno dimostrato gli argomenti storici e testuali addotti, “Matteo non ci dice ‘Qualcuno che è “Dio” è ora fisicamente con noi’ ma ‘Dio sta agendo in nostro favore nella persona di Gesù’”.[32] Infatti, Matteo attesta, nel suo uso di ‘Emmanuele’, la generosità e l’amore di Dio per il genere umano dimostrati nell’atto di mandare il proprio Figlio sulla terra a santificare il nome del Padre e salvare chiunque “invocherà il nome di Geova” (Gioele 2:32).

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NOTE:

[1] David Jakubovic si è laureato in lingue e letterature straniere all’Università di Leeds, in Inghilterra. Ha studiato lingue classiche (greco e latino). Attualmente insegna in un college dell’Inghilterra settentrionale. E’ autore di diversi articoli di teologia biblica.

[2] A. Barnes, Notes On The NT, 1980 rist., Kregel, MI, pp. 4, 5.

[3] V. Spence Little, The Deity Of Jesus Christ, 1956, Londra, Covenant Pub., p. 36.

[4] R. F. Youngblood, ‘Immanuel’, in ISBE, 1982, Ed. G. W. Bromiley, Eerdmans, vol. 2, p. 807.

[5] J. B. Scott, ‘Immanuel’, in Pictorial Encyclopedia of the Bible, 1975, Ed. M. Tenney, Zondervan, vol. 3, p. 261.

[6] NIDNTT, vol. 2, p. 87.

[7] R. Morey, How to Answer a Jehovah’s Witness, 1980, Minneapolis, Bethany House, p. 98.

[8] W. Martin & N. Klann, Jehovah of the Watchtower, 1974 rev. ed., Minneapolis, Bethany House, p. 47.

[9] J. Bjornstad, Counterfeits at Your Door, 1979, CA, Regal, p. 17.

[10] M. C. Burrell & J. S. Wright, Some Modern Faiths, 1973, Leicester, IVP, p. 110.

[11] J. McDowell, He Walked Among Us, 1989, Amersham, Scripture P., p. 242.

[12] Scott, ibid., p. 260.

[13] Ragioniamo facendo uso delle Scritture, 1990, Roma, Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, p. 167.

[14] A. Buzzard, ‘The Challenge Facing Trinitarianism Today’, JRR, 3 (1993) , p. 39.

[15] N. K. Gottwald, ‘Immanuel as the Prophet’s Son’, VT, 8 (1958), p. 47, nota 1.

[16] W. McKane, ‘The Interpretation of Isaiah 7:14-25’, VT, 17 (1967), p. 214.

[17] Barnes, ibid., pp. 4, 5. [18] Barnes, ibid., pp. 4, 5; corsivo aggiunto.

[19] A. B. Bruce, The Expositor’s Greek Testament, 1988 rp, Grand Rapids, MI, Eerdmans, p. 68.

[20] M. Stuart, ‘Answer to Channing’ in Concessions of Trinitarians, 1845, Boston: Munroe, Ed. J. Wilson, p. 236.

[21] E. J. Young, The Book of Isaiah, 1992 rist., Grand Rapids, MI, Eerdmans, p. 289.

[22] R. E. Brown, The Birth of the Messiah, 1977, NY, Doubleday, p. 141.

[23] A. W. Wainwright, ‘The confession “Jesus is God” in the NT’, SJT, 10 (1957), p. 288.

[24] S. Byington, ‘Review of NWT’, CC, 1/11/1950, p. 1295.

[25] Wainwright, ibid., p. 288.

[26] T. K. Cheyne & J. S. Black, Encyclopaedia Biblica, 1914, Londra, A & C Black, p. 2162.

[27] Youngblood, ibid., pp. 807, 8.

[28] A. W. Wainwright, The Trinity in the NT, 1962, Londra SPCK, p.72.

[29] D. D. Kupp, Matthew’s Emmanuel: Divine Presence and God’s People in the First Gospel, 1996, Cambridge UP, p. 169.

[30] Wainwright, ibid., p. 72.

[31] M. J. Harris, Jesus as God: The NT Use of ‘theos’ in Reference to Jesus, 1992, Grand Rapids, MI, Baker, p. 258.

[32] Harris, ibid., p. 258.