Risposta ufficiale della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova

all’interrogazione parlamentare del

12 Novembre 1998, Seduta 485

Preg.mo Sig.

On.le Avv. Nicola MANCINO, Presidente del Senato della Repubblica, Palazzo Madama, Piazza Madama, 00186 ROMA.

Gentilissimo Signor Presidente,

Abbiamo letto il testo di una interrogazione parlamentare rivolta da venti senatori al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Interno e al Ministro delle Finanze, per chiedere praticamente di bloccare le trattative per la stipulazione di un’intesa, ex art. 8 della Costituzione, con la confessione dei testimoni di Geova.

Al riguardo, innanzitutto, preme rilevare alcuni aspetti inquietanti della iniziativa:

a) Le informazioni e le censure riportate nell’interrogazione sono state già ripetutamente presentate ed usate contro la nostra confessione religiosa dalle cosiddette organizzazioni “antisette”, sulla cui natura e finalità accenneremo in seguito. Ciò è avvenuto sugli organi di stampa, nei convegni e in esposti a diverse autorità giudiziarie e amministrative le quali, ogni volta, hanno concluso rilevando con decreti o sentenze l’assoluta infondatezza delle argomentazioni e citazioni fatte a sostegno delle accuse. Si allegano, in proposito, i decreti di archiviazione del G.I.P. dei Tribunali di Siena, di Bari, e del Tribunale Militare di Roma.[all. 1] Questi decreti respingono peraltro alcune delle specifiche accuse espresse nell’interrogazione circa il voto, il servizio militare e i diritti degli espulsi.

b) A fronte di dette informazioni e/o illazioni, la nostra confessione ha sempre puntualmente prodotto prove documentali inoppugnabili, tali da smentire in modo radicale e completo la fondatezza delle medesime e nello stesso tempo, di fronte all’evidenza della realtà, da scoraggiare dal riproporre le medesime argomentazioni chiunque abbia un minimo di pudore e di dignità personale e non sia completamente asservito alle finalità diffamanti che si propone di perseguire.

c) I firmatari, dunque, pur dichiarando di aver ricevuto “numerose e concordi informazioni”, in realtà hanno attinto o ricevuto le medesime da un’unica ed ormai accertata fonte: quella appunto delle organizzazioni “antisette”, ormai notoriamente screditate per il loro livore, pregiudizi, selezione, manipolazione e prospettazione di dati e notizie per piegarli all’unico fine di screditare in modo particolare la nostra confessione religiosa. Di ciò vi è ampia consapevolezza pure tra i più accreditati studiosi, anche cattolici, dei fenomeni religiosi. Si allegano alcuni studi sulle “antisette” e sui fuoriusciti o ex membri dei movimenti religiosi, da esse utilizzati a sostegno delle loro argomentazioni. [all. 2] Si ritiene pertanto che anche i detti firmatari dovessero essere consapevoli quanto meno della cautela con la quale devono essere lette le informazioni provenienti da dette fonti, specie in mancanza di riscontri obiettivi, ed anzi smentite più volte dalle competenti autorità.

Precisato quanto sopra, riproponiamo di seguito in sintesi le puntuali ed esaustive repliche ad ogni presunto fatto che, secondo l’interrogazione, “risulterebbe” appunto dalle suddette “numerose e concordi informazioni”, ribadendo che le medesime repliche sono già state da noi presentate e documentate ad appositi organi giudiziari aditi da persone con l’assistenza di dette organizzazioni per formulare pretese nei nostri confronti (R.G. n. 94447/93 davanti alla Pretura Circondariale di Roma, Sezione Lavoro, concluso con sentenza n. 12793, 12 agosto 1996, in Il diritto ecclesiastico, aprile-giugno 1997, II, pp. 159-61),[all. 3] oppure dalla nostra stessa confessione per difendersi da infamanti accuse espresse da persone facenti parte o collegate con le medesime “antisette”: si veda la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1532, 17 luglio 1997, e il dispositivo della sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sez. V Pen., udienza del 7 ottobre 1998, del ricorso presentato dagli imputati avverso la decisione della Corte d’Appello suddetta.[all. 4] Alleghiamo altresì le memorie difensive da noi presentate in detti procedimenti,[all. 5] per confermare il metodo da noi seguito con scrupolo e precisione al fine di dimostrare in modo definitivo la falsità delle accuse. Ciò dovrebbe rendere evidente ai firmatari che non sono né i primi né saranno gli ultimi, ad essere ingannati dalle “antisette”, sempre alla ricerca di nuovi portavoce delle loro conclamate menzogne.

Prima di entrare ancora una volta nel merito delle singole censure nell’ordine in cui sono esposte nell’interrogazione, desideriamo ricordare quanto autorevolmente affermato dal Consiglio di Stato nel suo parere favorevole al riconoscimento della personalità giuridica di questa Congregazione (parere in data 30 luglio 1986, n. 1390).[all. 6] Fondandosi proprio sull’art. 8 della Costituzione, così come autorevolmente interpretato da univoca dottrina, ha sottolineato che “nella Costituzione” manca “ogni riferimento al riscontro di compatibilità dell’ideologia religiosa con i principi generali dell’ordinamento o, più specificamente, con l’ordine pubblico”. E ha aggiunto che eventuali “responsabilità penali dei singoli non comportano . . . un giudizio di illiceità dei fini associativi”. A conferma, si cita la Corte costituzionale, sentenze n. 59/1958 (“questo articolo ha sancito . . . che tali statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico dello Stato”), n. 43/1988 (“il diritto riconosciuto alle confessioni religiose dall’art. 8 Cost. di darsi i propri statuti, purché ‘non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano’ “), e n. 467/1992 (“una verifica degli ‘statuti’, prevista per le confessioni religiose”): l’unico controllo statale consentito riguarda dunque gli statuti delle confessioni e non le confessioni stesse né le loro ideologie. Sempre la Corte costituzionale, con sentenza n. 43/1988 (in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1989/1, pp. 352-3), ha precisato che gli statuti non devono contrastare con i “princìpi fondamentali” dell’ordinamento giuridico. Anche la Corte Suprema (Sez. VI Pen., 22 ottobre 1997, n. 9476) parla di “un inammissibile sindacato sull’essenza religiosa di una fede o di un culto, sindacato a propria volta illegittimo perché . . . risoltosi nell’esercizio – da parte dei giudici del rinvio – di una potestà non consentita ai pubblici poteri”. La stessa Corte Suprema (Sez. Un., 27 maggio 1994, n. 5213, in Giustizia civile, 1994, I, coll. 2127-34, con commento di Finocchiaro),[all. 7] parla di “statuti non contrastanti con l’ordinamento giuridico dello Stato”. E ciò in base al “principio supremo della laicità dello Stato” (sentenze della Corte costituzionale n. 203/1989, n. 259/1990 e n. 195/1993) secondo cui lo Stato stesso non può né è in grado di valutare le ideologie. Si citano anche le seguenti fonti dottrinali: Barillaro, Considerazioni preliminari sulle confessioni religiose diverse dalla cattolica, Milano, 1968, pp. 126-39; Bellini, "Realtà sociale religiosa e ordine proprio dello Stato”, in AA.VV., Normativa ed organizzazione delle minoranze confessionali in Italia, Torino, 1992, pp. 300-3; Cardia, Stato e confessioni religiose, Bologna, 1988, pp. 128-9; Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, Bologna, 1996, pp. 77-82; Gismondi, “Le confessioni acattoliche nell’ordinamento costituzionale vigente”, in AA.VV., Libertà religiosa e trasformazione della società, a cura dell’Unione giuristi cattolici italiani, Roma, 1966, pp. 139-46; Jemolo, “Le libertà garantite dagli artt. 8, 19, 21 della Costituzione”, in Il diritto ecclesiastico, 1952, I, p. 422; Picozza, L’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, Milano, 1992, pp. 135-6.[all. 8]

Ciò premesso, si risponde ora alle singole censure.

1) Gli aderenti alla Congregazione dei testimoni di Geova sottostarebbero a “disposizioni in contrasto con le leggi dello Stato”.

Alcuni dei presunti contrasti sono già stati esaminati dal Consiglio di Stato, ma li ricordiamo:

– La questione del rifiuto del servizio militare e del servizio sostitutivo rientra, come sottolinea il Consiglio di Stato, nelle “libere scelte” dei singoli. Peraltro il comportamento civile dei giovani testimoni di Geova ha indotto il Parlamento a riconoscere il diritto ad esercitare l’obiezione di coscienza, il che è una grande prova di civiltà, approvando la nuova legge in materia di obiezione di coscienza (legge 8 luglio 1998, n. 230). Tale legge, riconoscendo esplicitamente l’obiezione di coscienza come diritto soggettivo e attribuendo al servizio civile natura diversa ed autonoma dal servizio militare, riconducibile direttamente al dovere costituzionale di difesa della Patria, nonché togliendo la gestione del servizio civile al Ministero della Difesa e assegnandola alla Presidenza del Consiglio, ha fornito più ampie ragioni per consentire ai giovani Testimoni di accettare, in base alla loro coscienza, tale servizio. È stata quindi trovata una soluzione che ha eliminato in linea di principio ogni conflittualità e che sta gradualmente risolvendo la questione anche dal punto di vista pratico. Infatti i giovani Testimoni sono favorevoli a svolgere un servizio a favore della collettività.

– La questione del rifiuto delle emotrasfusioni, da parte di soggetti maggiorenni, rientra anch’essa, come riferisce sempre il Consiglio di Stato, nel “diritto a libere scelte in materia sanitaria”. La Corte costituzionale, interpretando autenticamente l’art. 32, 2° comma, della Costituzione, stabilisce (sentenza n. 307/1990)[all. 9]: “Tale precetto nel primo comma definisce la salute come ‘fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività’; nel secondo comma, sottopone i detti trattamenti a riserva di legge e fa salvi, anche rispetto alla legge, i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Da ciò si desume che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”.

Peraltro la legge 13 maggio 1978, n. 180 (art. 1, 1° comma) afferma: “Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari”. La legge 23 dicembre 1978, n. 833 (art. 33, 1° comma) sottolinea: “Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari”. L’art. 19 del Decreto del Ministro della Sanità del 15 gennaio 1991 [all. 10] prevede: “La trasfusione di sangue, di emocomponenti e di emoderivati costituisce una pratica terapeutica non esente da rischi; necessita pertanto del consenso informato del ricevente”.

Si fa comunque presente che, come diffusamente riconosciuto nell’ambiente scientifico, le esperienze medico chirurgiche incentivate dai testimoni di Geova hanno prodotto metodiche e tecniche alternative alle emotrasfusioni che offrono indubbi vantaggi a tutti, considerato che, come affermano gli operatori sanitari, non esiste una trasfusione sicura. Anche il papa purtroppo contrasse una grave infezione da emotrasfusione quando fu operato dopo il vile attentato subìto. Quando più recentemente è stato operato da un ortopedico, gli sono state applicate quelle metodiche già affermate grazie ai Testimoni.[all. 11] Pertanto i nostri aderenti che scelgono personalmente l’applicazione di alternative, anziché le trasfusioni (sia per motivi religiosi che scientifici, ad esempio per evitare l’AIDS il cui virus, dicono gli specialisti, non può essere rilevato dalle indagini durante la “fase finestra”),[all. 12] esercitano quella autodeterminazione garantita dalla Costituzione e da altre leggi dell’ordinamento italiano, dal Consiglio d’Europa (che in data 19 novembre 1996 ha adottato la “Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano rispetto alla utilizzazione della biologia e della medicina”; l’art. 5 stabilisce: “Nessun intervento può essere eseguito in campo sanitario senza il consenso informato, libero, esplicito e specifico della persona che vi si deve sottoporre. La persona coinvolta può legalmente revocare il proprio consenso in qualunque momento”), dalla deontologia e dalla bioetica (si vedano: elaborato del Comitato Nazionale per la Bioetica, Informazione e consenso all’atto medico, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, 1992, pp. 20-35; Codice di deontologia medica, artt. 32 e 34), autodeterminazione che fa parte delle conquiste dei popoli civili.[all. 13]

Per quanto attiene ai pazienti minorenni, i genitori di solito non si oppongono e non ostacolano le decisioni della Magistratura quando essa è eventualmente chiamata ad esprimersi sulla necessità di applicare un trattamento trasfusionale, lasciando che ciò avvenga sotto la diretta responsabilità degli organi preposti a praticare detto trattamento.

– La questione delle vaccinazioni non sussiste, in quanto i Testimoni sottopongono regolarmente i figli alle vaccinazioni. Ne è una prova il fatto che tutti i loro figli, cioè decine di migliaia, frequentano regolarmente la scuola dell’obbligo la quale prevede doverosamente le vaccinazioni. Si allega peraltro il nostro periodico Svegliatevi! dell’8 agosto 1993 da cui è rilevabile che non esiste alcuna preclusione nei confronti delle vaccinazioni.[all. 14] L’informazione che i testimoni di Geova non accetterebbero di vaccinarsi è chiaramente una falsa accusa.

– Circa l’esercizio del voto il Consiglio di Stato ne ha accennato parlando delle “responsabilità dei singoli”. La nostra confessione non prende parte né si schiera nella politica attiva e questo è un bene per la crescita civile del paese che ha subìto continue interferenze da parte della religione dominante. Ciò nonostante, svolge una importante funzione di educazione civica e morale dei propri fedeli orientandoli al puntuale rispetto delle leggi e a un comportamento esemplare come cittadini, contribuendo così in modo concreto al bene della collettività (si legga ciò che al riguardo riferiscono le nostre pubblicazioni e i mass media).[all. 15] Circa il voto, in particolare, questo, come noto, è espresso segretamente per cui nessuno può controllare chicchessia e interferire su chi ne esercita il diritto. Propaganda politica, dichiarazioni di appartenenza o militanza politica, potrebbero invece comportare problemi per il mantenimento dell’unità all’interno delle comunità e della fratellanza e della purezza del messaggio evangelico.

2) Agli aderenti sarebbe proibito di “denunciare all’autorità giudiziaria reati eventualmente commessi dagli adepti”.

Questa è un’altra informazione errata in quanto non esiste alcun divieto in tal senso per i fedeli che sono tenuti a rispettare le leggi dello Stato. Forse gli informatori degli interroganti, manipolando gravemente le fonti addotte, intendevano riferirsi ad altre situazioni: 1) Quando fra due cristiani vi sono questioni o rivendicazioni personali, ad essi, non noi, ma le Sacre Scritture dicono (1 Corinti 6:1-8, CEI) [all. 16] di risolvere fra di loro tali questioni. Si veda anche l’organo ufficiale della confessione, il periodico La Torre di Guardia,[all. 17] la quale suggeriva ai fedeli, in riferimento ai consigli biblici, di riparare ai torti causati senza rivolgersi ai Tribunali. Se poi chi avesse causato un grave danno a un confratello si fosse rifiutato di ripararlo, avrebbe potuto essere espulso. Dopo questo provvedimento, la parte lesa potrebbe promuovere un’azione legale per chiedere soddisfazione del danno subìto. Questo è comunque un suggerimento per i fedeli a scegliere di comportarsi in armonia con la suesposta indicazione della Bibbia, ma non un’imposizione, come si rileva dal periodico citato;

2) Gli anziani o presbiteri (di cui all’art. 6 dello Statuto di questa Congregazione) [all. 18] hanno la facoltà, riconosciuta per legge (art. 200, C.P.P), del “segreto professionale”. Di questa facoltà che la legge riconosce si avvalgono i ministri di qualsiasi confessione. Si allega il caso di un testimone di Geova di Cesano Maderno (Milano), il quale, resosi colpevole di un grave peccato (molestie sessuali alla figlia minorenne), è stato sottoposto ad un provvedimento disciplinare da parte del comitato di anziani della locale comunità dei testimoni di Geova. La Magistratura di Milano ha operato il sequestro del materiale relativo al provvedimento, principalmente un verbale redatto dagli anziani, ministri di culto locali, che si allega. Ed è proprio tale materiale sequestrato che dimostra la più assoluta inconsistenza dell’accusa, che sarà in seguito più ampiamente trattata, secondo cui le nostre comunità deterrebbero illecitamente documenti e notizie sul conto degli aderenti. Peraltro, il Tribunale di Milano ha riconosciuto il diritto dei ministri dei testimoni di Geova di conservare il riserbo su notizie attinenti all’esercizio del loro ministero.[all. 19]

3) L’aderente che non osserva i precetti contenuti nel “Libro di testo per la scuola di ministero del regno” sarebbe sottoposto a un processo senza alcuna garanzia o tutela dei diritti fondamentali.

È soltanto vero che chi commette gravi violazioni di princìpi, espressi non da un nostro libro, ma dalle stesse Sacre Scritture e quindi facenti parte della morale cristiana così come rivelata dai Vangeli, una morale sempre meno seguita ma per i Testimoni valida (le Sacre Scritture considerano peccati gravi l’adulterio, il furto, l’assassinio, l’idolatria, la pedofilia, ecc.: si veda 1 Corinti 6:9, CEI),[all. 20] se non si ravvede, può incorrere nella disassociazione o scomunica, provvedimento previsto anche da altre confessioni, non solo, ma anche da sindacati e partiti. La Chiesa cattolica prevede la scomunica, come indicato dagli allegati canoni.[all. 21] Quando il provvedimento espulsivo non lede i diritti fondamentali della persona come la sua dignità, il suo onore e la sua privacy, è legittimo e insindacabile.[all. 22] È anche vero che la persona espulsa da una nostra comunità può presentare appello più volte, ciò che conferma il completo rispetto dei diritti individuali. Peraltro alcuni ex testimoni di Geova hanno presentato ricorso contro un nostro provvedimento espulsivo: il Tribunale Civile di Roma ha respinto tale ricorso confermando la correttezza del medesimo. D’altro canto, ad ogni confessione religiosa è riconosciuta, ex art. 8 della Costituzione, una piena autonomia nel campo disciplinare, senza che, ovviamente, ciò comporti soppressione di diritti della persona.[all. 23]

4) Tutte le informazioni, anche riservate, sugli aderenti e sui disassociati sarebbero raccolte in archivi segreti all’insaputa degli interessati “con la possibilità di uso ritorsivo delle informazioni verso i dissociati”.

Precisiamo subito che i nostri organi confessionali non detengono alcun fascicolo “segreto” sul conto dei fedeli. Dobbiamo comunque ricordare che ogni confessione religiosa ha registri relativi alla appartenenza ad essa dei suoi fedeli ed alle attività specifiche che riguardano la disciplina e il ministero pastorale esercitato nelle comunità religiose. Il Codice di diritto canonico prevede un “archivio segreto” presso la curia diocesana nei canoni 489 e 490 nei quali il termine “segreto” deve significare ovviamente “riservato”.[all. 24] La riservatezza dei dati conservati dagli organi di qualsiasi confessione, e quindi anche da quelli della nostra, non è tanto un diritto delle comunità religiose quanto un diritto dei fedeli e l’adempimento di specifici precetti anche della legislazione statale.

La nostra organizzazione religiosa è stata peraltro fra le prime ad aver sottoposto le sue prassi cultuali al Garante per la protezione dei dati personali per richiedere un parere (si allegano le nostre lettere in data 24 maggio 1997 e 15 maggio 1998),[all. 25] e ad adeguarsi immediatamente alle disposizioni di legge in materia su aspetti peraltro non rilevanti, atteso che il fondamento delle nostre prassi è del tutto rispettoso dei diritti dell’individuo. Nel caso di un provvedimento espulsivo, le nostre comunità conservano soltanto alcune indispensabili registrazioni, come ne ha facoltà qualsiasi organismo associativo. Qui sopra è stato accennato al caso di Cesano Maderno che ha dato luogo a un’ispezione presso la locale comunità, da cui non è risultato alcun elemento che possa confermare le illazioni del documento parlamentare. Anche il decreto di archiviazione del Tribunale di Bari, incluso nell’allegato n. 1, esclude che sia stata effettuata una raccolta illecita di informazioni sul conto di un ex Testimone. È grave che l’interrogazione accenni alla “possibilità” di un uso “ritorsivo” di certe informazioni senza riferirsi ad alcuna prova o a un qualsiasi pur minimo fatto, che non esistono, per poi asseverarli alla conclusione dell’interrogazione.

5) Ogni disassociato dei testimoni di Geova sarebbe emarginato e nei suoi confronti verrebbe vietata “qualsiasi forma di relazione”.

Non è vero quanto affermato dall’interrogazione, mentre è corretto quanto dichiara la nostra rivista Torre di Guardia del 15 aprile 1988 citata nell’interrogazione stessa. Ivi si dice che di fronte a un “peccatore impenitente”, ad esempio una persona che vuole continuare a vivere nell’immoralità, che insiste a praticare pubblicamente l’omosessualità, o a bestemmiare con accanimento, causando grave scandalo tra i fedeli, i fedeli stessi sono esortati dalle Sacre Scritture (1 Corinti 5:1-13, CEI),[all. 26] a tutelarsi non frequentando tali persone che potrebbero corrompere i loro costumi. Nell’ambito confessionale tale prassi fa parte delle normali raccomandazioni dei pastori di qualsiasi denominazione religiosa preposti alla cura del gregge, e del resto anche di genitori che cercano di evitare ai figli deleterie influenze. Si fa presente che la nostra Torre di Guardia del 15 aprile 1991 suggerisce ai pastori delle comunità di fare ogni sforzo per contattare gli espulsi e per aiutarli, se lo desiderano, a ritornare nelle comunità stesse. Si vedano anche le riviste Torre di Guardia del 15 agosto 1992 e 15 luglio 1993. [all. 27] La Torre di Guardia del 1° gennaio 1982 sottolinea che la differente religione dei coniugi non esime il coniuge testimone di Geova da alcun dovere matrimoniale e debito di affetto, come del resto l’espulsione di un familiare non annulla i rapporti con gli altri componenti della famiglia e i conseguenti doveri.[all. 28] Torre di Guardia

6) Sarebbe severamente proibito ai Testimoni “leggere letteratura religiosa non geovista”.

La rivista menzionata dagli interroganti, La Torre di Guardia del 15 gennaio 1987,[all. 29] invita ad “aborrire la propaganda apostata”, e ciò è sostanzialmente diverso dalla censura di cui sopra. Peraltro le nostre pubblicazioni sconsigliano ai fedeli la lettura della letteratura degli apostati, cioè gli ex membri divenuti oppositori. Questa precauzione è comune nell’ambito di tutte le confessioni. Si veda La Torre di Guardia del 1° luglio 1994 (pag. 12).[all. 30] Si allegano a scopo illustrativo copie di scritti, volantini e avvertimenti di fonte cattolica i quali tra l’altro dichiarano che leggere riviste dei Testimoni rappresenta un “pericolo di morte”.[all. 31] In sostanza, a nessuno è impedito di leggere “letteratura religiosa” di altre confessioni, ma si avverte che, da un punto di vista spirituale, la propaganda e le pubblicazioni scritte dagli apostati non possono produrre arricchimento. Diverso è ovviamente l’aspetto dell’interesse alla conoscenza e alla cultura generale.

La Chiesa cattolica un tempo promulgava l’Indice dei libri proibiti che non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure da quando è stato abrogato dalla Congregazione per la dottrina della fede con “Notifica” del 14 giugno 1966 (Acta Apostolicae Sedis, LVIII, 1966, p. 445), e che i canoni 1399 e 2318 del Codex Iuris Canonici del 1917 (criteri generali dei libri proibiti e scomunica latae sententiae di autori ed editori di libri proibiti) furono aboliti, dalla medesima Congregazione, con “Decreto” del 15 novembre 1966.[all. 32]

Ciò nondimeno la Chiesa cattolica, in particolare tramite la Congregazione per la dottrina della fede, si riserva tuttora il diritto di ammonire i propri fedeli a non leggere determinate opere divulgative ritenute dannose per la fede. Lo fa nel tentativo di “tutelare” la fede dei propri fedeli. Ne è un esempio particolarmente significativo la recente “Notifica” con cui ancora la Congregazione per la dottrina della fede ha censurato gli ultimi libri del defunto gesuita Anthony De Mello lo scorso 24 giugno 1998 (L’Osservatore Romano, 23 agosto 1998, p. 4; La Repubblica, 30 settembre 1998; La Civiltà Cattolica, 17 ottobre 1998, pp. 241-2). Nella “Notifica” si legge: “Al fine pertanto di tutelare il bene dei fedeli, questa Congregazione ritiene necessario dichiarare che le posizioni suesposte sono incompatibili con la fede cattolica e possono causare gravi danni”.[all. 33]

7) Ai Testimoni non sarebbe ‘consentito di sposarsi, se non tra confratelli, e verrebbe messa in discussione la loro “libertà di procreare”’.

Le Sacre Scritture suggeriscono al credente “di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore” (1 Corinti 7:39, CEI).[all.34] In armonia con ciò, le nostre pubblicazioni (si veda il nostro libro Felicità familiare, pp. 20-22) [all. 35] suggeriscono, non impongono, di sposare una persona della stessa fede. Questo suggerimento, anche se spesso ignorato, vige pure nell’ambito cattolico. Il Codice canonico (canoni da 1124 a 1129) prevede che il matrimonio fra un cattolico e una persona di altra religione “non può essere celebrato senza espressa licenza della competente autorità”, che viene concessa a certe condizioni, tra cui la promessa della “parte cattolica” di impegnarsi “perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica”.[all. 36] Nell’ambito della nostra confessione chi sposa una persona di un’altra religione non viene espulso ma semplicemente non può, per un ragionevole periodo di tempo, svolgere le funzioni di presbitero o diacono. Nell’ambito della Chiesa cattolica viene richiesto ai sacerdoti e ai religiosi il voto perenne di celibato, una ben più rigida esigenza.

L’asserzione secondo la quale La Torre di Guardia del 1° marzo 1988, che si allega per la verifica,[all. 37] metterebbe in discussione la “libertà di procreare” dei coniugi Testimoni è una inaudita falsità e deriva da un completo travisamento dei contenuti del nostro periodico. La rivista dice esplicitamente (a pag. 26): “La decisione se avere o non avere figli ... è una decisione personale che ogni coppia deve prendere per proprio conto”. L’articolo citato suggerisce una “procreazione responsabile” ai coniugi nel senso che dovrebbero, nel determinare quanti figli avere, valutare le loro capacità e possibilità educative e di mantenimento della prole. Peraltro, i coniugi Testimoni sono anche liberi di fare uso o meno dei contraccettivi che sono invece proibiti nell’ambito cattolico.

Ci si chiede come sia possibile stravolgere senza alcun ritegno i contenuti delle nostre pubblicazioni e si sia potuto avallare tali macroscopici stravolgimenti.

8) Ogni reato o attività illegale degli aderenti sarebbe “mantenuta segreta fra i ‘confratelli’”.

Questa è una ripetizione della censura già considerata nella risposta di cui al punto 2). Si ribadisce che vige per i nostri ministri di culto la facoltà, riconosciuta per legge, di non riferire “su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero” (art. 200, C.P.P.). L’annotazione sopra riportata è infondata e non può risultare da alcuna nostra fonte.

9) Ogni attività di solidarietà o di aiuto al prossimo sarebbe ignorata con l’eccezione di quella rivolta ai confratelli.

Questa è un’altra informazione grossolanamente errata. Anche se giuridicamente irrilevante, mira, come altre critiche infondate, a descrivere i testimoni di Geova come una confessione che non darebbe alcun contributo alla società civile. Le allegate pubblicazioni e articoli di giornali mostrano, al contrario, come in vari paesi del mondo sono stati distribuiti aiuti a tutti i bisognosi e compiute opere socialmente utili: questo è avvenuto nei limiti delle disponibilità finanziarie dei Testimoni che si sostengono prevalentemente mediante le contribuzioni dei fedeli.[all. 38]

10) La Congregazione cristiana dei testimoni di Geova svolgerebbe attività commerciali contravvenendo alle disposizioni del suo statuto.

Lo statuto della Congregazione (si veda l’allegato n. 18) ben evidenzia l’assenza di fini di lucro nelle sue attività, prevedendo, fra l’altro, la gratuità dell’opera di tutti i collaboratori e il divieto tassativo secondo cui le pubblicazioni dei Testimoni non possono contenere “alcuna forma di attività commerciale” (articoli 1, 3, punto o, e 14). Come sarà dimostrato, la Congregazione non ha mai operato in contrasto con queste previsioni.

Per sostenere che la Congregazione svolgerebbe attività lucrative, l’interrogazione riferisce su alcune questioni completamente stravolte: a) La sentenza n. 1753 del 27 febbraio 1997 della Corte Suprema di Cassazione, Sez. I Civ. (in Il diritto ecclesiastico, luglio-settembre 1997, pp. 300-11),[all. 39] viene citata stravolgendone le motivazioni. Essa non dimostra in alcun modo che le finalità dell’ente rappresentativo dei testimoni di Geova, al tempo l’ente Watch Tower Bible and Tract Society, fossero lucrative, ma soltanto che una attività, quella riguardante la distribuzione delle pubblicazioni a carattere religioso, è stata considerata soggetta alle imposte sui redditi. La decisione è scaturita dalla inefficace dimostrazione che tutti i fedeli testimoni di Geova, dal punto di vista fiscale, erano da considerare al pari dei soci della Watch Tower Society in quanto all’epoca era l’ente rappresentativo della confessione. La sentenza, infatti, partendo dall’assunto che i soci della Watch Tower Society fossero solo quelli risultanti dall’atto costitutivo, ha stabilito che le riviste erano distribuite con criterio di prevalenza ai non soci anche se fedeli appartenenti ai testimoni di Geova, concludendo, quindi, che la distribuzione fosse soggetta alle imposte sui redditi. Comunque dallo statuto della Congregazione, che dal 1986 ha sostituito come ente esponenziale in Italia il suddetto ente statunitense, tutti i fedeli sono considerati “soci aderenti” (art. 4, 2° comma). La decisione in ogni caso non nega le finalità religiose della Congregazione stessa, anzi queste sono implicite nella discussione riguardante l’applicazione della normativa allora vigente in materia (art. 20 del D.P.R. n. 598 del 1973). Si vedano anche i commenti alla citata sentenza (n. 1753 dell’8 novembre 1996, in Giurisprudenza italiana, maggio 1998, pp. 1069-70; Il diritto ecclesiastico, luglio-settembre 1997, pp. 303-11).[all. 40]

Peraltro, il carattere di ente confessionale non lucrativo della Congregazione emerge, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, dalla sentenza citata del 12 agosto 1996, n. 12793, della Pretura Circondariale di Roma, la quale, nel respingere un ricorso di due ex Testimoni patrocinati da un avvocato membro di gruppi “antisette”, ha attestato che l’ente rappresentativo della confessione dei testimoni di Geova è “un’associazione riconosciuta senza fini di lucro”. Anche la già citata sentenza n. 9476 del 22 ottobre 1997 della Corte Suprema di Cassazione, Sez. VI Pen.,[all. 41] sostiene che le eventuali attività lucrative svolte da un ente confessionale non ne mutano le finalità generali di religione o di culto quando sono strumentali rispetto a tali finalità di religione. Pure la sentenza della Pretura Circondariale di Roma, sopra menzionata, sottolinea conformemente che “anche gli enti non commerciali possono infatti esercitare attività di impresa, ma non allo scopo di dividerne gli utili”. Le numerose attività lucrative sicuramente promosse da organismi della Chiesa cattolica non ne alterano le finalità cultuali che sono preminenti.

b) Si afferma che la Watch Tower Bible and Tract Society è iscritta alla Camera di Commercio di Milano, il che pare sia stato citato per dimostrare le sue finalità lucrative.

C’è innanzitutto da precisare che a detta Camera di Commercio fu iscritta nel luglio 1946 e non nel 1986, dai primordiali organismi confessionali, una società a responsabilità limitata appositamente costituita e non l’ente statunitense.[all. 42] Dallo statuto della società iscritta alla Camera di Commercio si rileva che era comunque un organismo con finalità non lucrative, come si evince dall’art. 1 che ne sottolinea il “carattere esclusivamente culturale e sociale”. Questa società a responsabilità limitata venne costituita anche per intestarle l’immobile acquistato come sede. Quando nel 1948 fu trasferita da Milano a Roma la sede dell’organo confessionale, in seguito la suindicata società fu ceduta a terzi che poi hanno cambiato in parte il nome trasformandola in società in accomandita semplice, e che non ha nulla a che vedere con l’ente statunitense.[all. 43] Circa quest’ultimo ente, che fino al 1986 ha rappresentato la confessione in Italia, la sua natura di ente morale con finalità esclusivamente religiose è stata accertata e attestata dai competenti organi governativi italiani.[all. 44] Anche la già citata sentenza del 12 agosto 1996, n. 12793, della Pretura Circondariale di Roma, allegata al n. 3, conferma che oltre alla Congregazione, anche la Watch Tower Society è un ente non lucrativo: “Alla Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania è stata attribuita personalità giuridica ai sensi dell’art. 16 c.c. ... pertanto essa deve considerarsi un’associazione riconosciuta senza fini di lucro. Inoltre, la Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania è un ente con i medesimi fini religiosi della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova ... Nel caso di specie, dall’istruttoria non è affatto emerso che gli enti [i suddetti, ndr.] per cui i ricorrenti hanno prestato la propria opera, abbiano mai esercitato attività rivolta al conseguimento di un utile e alla sua distribuzione”.

c) Le attività commerciali della Congregazione sarebbero confermate dal fatto che essa sarebbe stata socia di alcune società.

Confermiamo che alcuni esponenti dei testimoni di Geova siano, o siano stati, soci di società in accomandita semplice o a responsabilità limitata. È vero che nel tempo l’ente esponenziale dei testimoni di Geova (prima la Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania, e poi la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova) ha acquisito le quote di alcune società, ma ciò soltanto e unicamente per acquistare l’immobile ad esse intestato e non per subentrare in un’attività economica che alcune di esse non hanno mai svolta, mentre altre l’avevano cessata da tempo, già prima dell’acquisizione da parte della Congregazione suddetta. E appena le pratiche legali e i progetti di trasformazione edilizia sono realizzati, queste società intestatarie di immobili vengono prontamente sciolte e la proprietà dell’edificio passa alla ricordata Congregazione (nel passato si richiedeva l’autorizzazione all’acquisto dell’immobile al Ministero dell’Interno; di recente tale disposizione è stata abrogata). Questo è accaduto alcune volte, ad esempio per poter acquistare un edificio in prossimità della sede di Roma in Via della Bufalotta, necessario per ampliare la disponibilità di locali per la comunità religiosa (considerato che le pratiche urbanistiche avviate col Comune non lasciano presagire tempi brevi per l’ottenimento della concessione di ampliamento della sede), o l’edificio industriale di Bitonto (Bari), che è stato trasformato in una Sala delle Assemblee. Questo modo di acquisire una proprietà, come noto, è perfettamente corretto e legittimo.[all. 45] Chi è esperto in materia sa che dalle società che hanno cessato la loro attività è facile acquistare a condizioni vantaggiose i loro immobili, gli unici beni ancora rimasti prima della definitiva cessazione. Si allegano i documenti acclusi alla memoria datata 23 luglio 1994 (si veda l’allegato n. 5), depositata nella citata causa davanti al Pretore del lavoro di Roma (si veda l’allegato n. 3) e riguardanti proprio le società citate nell’interrogazione dei senatori, nonché i documenti di cui all’allegato n. 35 della memoria del 25 febbraio 1997 (si veda sempre l’allegato n. 5), a riprova ulteriore dell’inganno in cui sono caduti ad opera delle organizzazioni “antisette” che ben conoscevano la realtà.[all. 46]

In ogni caso, il 25 settembre 1996 è stata effettuata una verifica presso la nostra sede di Via della Bufalotta da parte della Polizia tributaria della Guardia di Finanza proprio in relazione alle suddette società. Si allega il relativo “Processo verbale di constatazione”.[all. 47] Ci risulta che tale verifica sia stata effettuata in relazione a un esposto inviato da uno dei testimoni di Geova di Ravenna espulsi (si veda l’allegato n. 23). Ci è stato riferito verbalmente dal Ministero dell’Interno che se dall’ispezione fosse risultato qualche elemento a nostro carico, avremmo ricevuto una comunicazione che tuttavia non ci è stata mai inviata. Invece, ci è stato riferito, è stata accertata la completa regolarità della nostra posizione. (vedi nota) Sotto il profilo legale, sarebbe peraltro legittimo che un’istituzione religiosa, come si verifica nel caso di note confessioni, gestisca attività lucrative, come alberghi presso santuari o in altre località, ospedali, scuole, vendita di oggetti ricordo, amministrazione di immobili e patrimonio azionario. Occorre ovviamente assoggettare tale gestione alle norme vigenti e al regime fiscale previsto. L’organizzazione dei testimoni di Geova, sia a livello mondiale, sia a livello nazionale, ha invece tassativamente scelto di non gestire alcuna attività di natura lucrativa, ma soltanto attività strettamente collegate con l’evangelizzazione e con lo svolgimento del culto. Ha stabilito ciò per statuto al fine di aderire più strettamente ai princìpi dei Vangeli. Cosicché le insinuazioni dei gruppi “antisette” sono, dal punto di vista giuridico e della realtà, inconsistenti e infondate.

d) “A Ravenna si sarebbe verificato il fallimento di una finanziaria collegata alla Congregazione dei Testimoni di Geova” che avrebbe raccolto “contributi volontari frutto della distribuzione di pubblicazioni porta a porta, con la quale sono state truffate alcune decine di persone”.

Anche tale affermazione è completamente falsa e infondata sia in fatto che in diritto. Non è mai esistito né esiste, né può esistere, alcun collegamento con la finanziaria sopra citata, né con qualsiasi altra società con fini di lucro per i motivi più volte affermati sopra.

Se la finanziaria in questione era formata da alcuni testimoni di Geova che avrebbero posto in essere azioni penalmente rilevanti verso altri testimoni di Geova è cosa che non può in alcun modo riguardare la nostra organizzazione confessionale. In particolar modo, è completamente falso che le sostanze della medesima finanziaria fossero costituite da contribuzioni raccolte di porta in porta mediante l’opera di predicazione tipica dei testimoni di Geova. Un comitato di anziani o presbiteri, anche in seguito al grave scandalo, ha espulso dalla comunità di Ravenna alcuni testimoni di Geova coinvolti nella questione. Ciò è confermato dal fatto che alcuni hanno adito il Tribunale Civile di Roma. Tale Tribunale ha respinto le loro domande riconoscendo la regolarità dei provvedimenti di espulsione, come indicato nel precedente punto 3).

Peraltro la sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sez. II Pen., n. 10298 del 4 ottobre 1996, citata dai firmatari, non contiene nulla che possa confermare l’accusa rivolta nei nostri confronti in quanto in nessun passo della stessa sono contenute frasi o anche solo parole che possano legittimare l’idea di un coinvolgimento della nostra confessione con i fatti relativi alla suddetta finanziaria o che a tale società fossero inviati “contributi volontari frutto della distribuzione di pubblicazioni porta a porta”. Si allega la sentenza completa evidenziando le poche frasi che si riferiscono ai testimoni di Geova, dalle quali non si rileva alcun accenno alle censure degli interroganti.[all. 48] Si tratta quindi di una sfacciata accusa completamente inventata. Una metodica costante delle “antisette” nei nostri confronti è quella di utilizzare documenti giudiziari, nel tentativo di conferire autorevolezza alle accuse, ma stravolgendo completamente il contenuto degli stessi.

11) Nei testi delle pubblicazioni dei Testimoni sarebbero contenuti messaggi subliminali “atti a favorire il plagio dei lettori”.

Anche la suddetta affermazione è assolutamente falsa e infondata. Si rileva, comunque, che da parte delle organizzazioni “antisette”, di cui firmatari dell’interrogazione si fanno portavoce, si continua a ricorrere alla figura del plagio senza considerare che, come reato, è stato abolito per la sua indeterminatezza dalla Corte costituzionale (sentenza n. 96 del 1981). È anche grave il fatto che si continui a parlare di plagio in relazione all’opera di evangelizzazione e di proselitismo di una confessione religiosa. Tanto più che la nostra opera, le pubblicazioni e le adunanze, sono conosciute da tutti in quanto svolte e diffuse sotto gli occhi di tutti. La suggestione subliminale rientra nella vasta categoria di presunte tecniche atte a condizionare la mente, alla stregua dei cosiddetti “lavaggio del cervello”, psicagogia” o “controllo della mente”. Per sapere a cosa si riferisca l’interrogazione, occorrerebbe avere un’indicazione di quali circostanze avrebbero utilizzato i Testimoni per suggestionare subliminalmente altri. In senso proprio, si parla di “messaggi subliminali” allorché si inviano messaggi visivi o sonori recepibili solo a livello inconscio. Questo di per sé è già una prima fondamentale ragione per cui – atteso che questa tecnica fosse realmente efficace – non può essere stata usata dai Testimoni, i quali svolgono la loro attività di evangelizzazione e di culto prevalentemente con materiale stampato e non con sussidi audiovisivi, se non negli ultimissimi anni. Come avrebbero potuto attuare questa “persuasione subliminale” nel corso degli anni?

Questa tecnica – che qualcuno tentò di applicare negli anni ‘60 nella pubblicità televisiva – non viene ora più utilizzata neppure dai pubblicitari, non solo perché vietata dalla legislazione di vari stati o dai codici di autoregolamentazione di aziende televisive (ad es., in Inghilterra è stata bandita dall’IBA, la controparte commerciale della BBC [cfr. New Encyclopedia Britannica, voce “Consumerism”]),[all. 49] ma anche perché risultata del tutto inefficace a condizionare la gente a comprare un determinato prodotto.

Parlando dei tentativi dei gruppi antisette di utilizzare tutta questa congerie di presunte tecniche di controllo mentale, e scartandole quali inapplicabili al pari del concetto di plagio, il sociologo Massimo Introvigne le definisce “teorie più o meno fumose” e nozioni che “sono per dire il meno controverse fra gli specialisti” (Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Milano, 1996, pp. 186-188). La prof. Eileen Barker, trattando specificamente di “suggestione subliminale” dichiara che “a tutt’oggi, comunque, non ci sono prove concrete del fatto che i NMR [nuovi movimenti religiosi] più noti siano ricorsi a questo metodo per ottenere adepti” (I nuovi movimenti religiosi, Milano, 1992, pp. 51-52).[all. 50]

A proposito di tutti questi tentativi delle organizzazioni antisette di indurre i politici ad attaccare le minoranze religiose riesumando presunte tecniche di controllo mentale, James T. Richardson, docente di sociologia presso ’università del Nevada (USA), dichiara: “Quando simili teorie sono utilizzate per limitare la libertà religiosa e la realizzazione personale, allora la stessa società potrebbe potenzialmente soffrirne. E quando simili teorie sono prese sul serio nelle commissioni e nei rapporti parlamentari, ne soffre pure la giustizia” (“Une critique des accusations de “lavage de cerveau” portées à l’encontre des nouveaux mouvements religieux: questions d’éthique et de preuve”, in Pour en finir avec les sectes. Le débat sur le rapport de la commission parlementaire, a cura di M. Introvigne e J. Gordon Melton, Parigi – San Giuliano Milanese, 1996, pp. 85-97).[all. 51]

Peraltro, molte delle nostre pubblicazioni religiose sono state fornite alla Direzione Generale dei Culti del Ministero dell’Interno, la quale può agevolmente verificarne il contenuto.

12) La Congregazione promuoverebbe attraverso i propri adepti “l’esportazione e la diffusione clandestina di pubblicazioni in paesi nei quali è proibita la predicazione ai testimoni di Geova”.

La censura è generica e giuridicamente irrilevante. Suscita, per di più, viva sorpresa che possa essere oggetto di critica e di accusa la considerazione che le confessioni a diffusione mondiale (tra cui anche la nostra che, con oltre dieci milioni di partecipanti al culto fra fedeli e simpatizzanti, è presente pressocché in ogni nazione), quando operano in paesi fortemente integralisti e illiberali, siano talvolta costrette ad agire nella clandestinità. Non è mai accaduto che, a motivo di ciò, siano state considerate illegittime nei paesi democratici, ma semmai sono state approvate e lodate per il fatto che loro e i loro missionari, pur di diffondere la Parola di Dio anche in quei paesi, siano stati disposti a rischiare non poco personalmente. Si pensi, per fare un esempio, all’operato delle gerarchie cattoliche in Cina e in molti paesi di religione musulmana, che non può certamente influire sui rapporti fra il Vaticano e il nostro Governo.

13) Per la realizzazione degli edifici di culto sarebbero utilizzati “finanziamenti di dubbia provenienza”.

Non si accenna minimamente a ciò che farebbe dubitare sulla prospettata illiceità dei finanziamenti. Si tratta in effetti di una grave, quanto infondata, illazione. È invece notorio che i testimoni di Geova hanno costruito e stanno costruendo edifici per il culto mediante: 1) Le offerte volontarie dei propri fedeli e simpatizzanti; 2) Il lavoro volontario e gratuito dei propri fedeli i quali partecipano ai lavori di progettazione e di costruzione delle loro chiese. In tal modo è possibile disporre di luoghi per il culto sostenendo sforzi finanziari altrimenti non alla portata delle varie comunità. Il fatto è così noto che centinaia di giornali hanno parlato di questo insolito modo autarchico di costruire chiese.[all. 52]

14) Si afferma che le “maestranze” impiegate per i lavori di costruzione delle chiese dei Testimoni “non risulterebbero regolarmente assicurate contro gli infortuni e sarebbe pressoché disapplicato il decreto legislativo n. 626 del 1994 inerente alla sicurezza sul lavoro”.

Trattasi di un’altra informazione completamente infondata. Come è stato indicato nel punto precedente, gli edifici di culto sono realizzati mediante il lavoro dei fedeli che si offrono come volontari. Tra i fedeli e le comunità per le quali viene costruita una chiesa non si instaura mai un rapporto di lavoro, poiché trattasi di opera di volontariato che discende da un rapporto di fede. Una situazione del tutto analoga riguarda le istituzioni conventuali dove i frati e le suore che lavorano direttamente per l’istituzione non sono soggetti ad obblighi previdenziali e assicurativi. Vari enti pubblici nel tempo hanno attestato il corretto inquadramento dei lavoratori volontari testimoni di Geova tra coloro che svolgono un’attività religionis causa, come contributo o espressione della propria fede e non come attività lavorativa: – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro: con lettera del 13 marzo 1980 ha certificato che “nella fattispecie non ricorre l’obbligo assicurativo di cui al D. P. R. del 30. 6. 65 n. 1124 venendo meno il requisito della dipendenza e della retribuzione”; – Unità Sanitaria Locale Roma 2: in data 28 dicembre 1992 ha confermato la “non assimilabilità ai lavoratori subordinati degli appartenenti alla Vostra Congregazione”; – Ispettorato Provinciale del Lavoro di Roma, nota n. 1547/87 del 25 giugno 1987: “È altresì risultato confermato che gli stessi [lavoratori] sono ‘volontari’ e che non percepiscono alcuna retribuzione. Ciò comporta automaticamente l’esclusione di ogni obbligo assicurativo nei confronti degli stessi”; – I. N. P. S., sede di Roma, verbale di accertamento n. 19/1996 del 29 gennaio 1996: “I ‘religiosi’ che svolgono le diverse attività sia per il conseguimento dei fini istituzionali, sia per il funzionamento della Congregazione, formano una famiglia e pertanto l’attività svolta nell’ambito della propria congregazione non costituisce prestazione lavorativa di tipo subordinato”.[all. 53]

Pur essendo assimilati ai religiosi che operano a favore dell’istituzione religiosa, i nostri fedeli che si offrono come lavoratori volontari sono messi in condizione di operare in regime di sicurezza, poiché ad essi vengono date istruzioni e attrezzature antinfortunistiche. Si allegano le istruzioni in materia attuate dai cantieri, specificamente sul decreto legislativo n. 626/1994, a dimostrazione dell’attenzione con cui è affrontata la questione dell’incolumità dei volontari.[all. 54]

La censura è quindi inventata di sana pianta.

15) In Francia la Congregazione dei testimoni di Geova avrebbe evaso il fisco per circa 90 miliardi di lire.

La questione non è correttamente riportata nel documento parlamentare. In Francia, le organizzazioni “antisette” sono riuscite a influenzare alcuni organi governativi e a fare includere la nostra confessione fra le cosiddette sette. Peraltro, nell’elenco delle “sette” sono anche inclusi l’Opus Dei e alcune denominazioni religiose fra cui i Battisti e i Mormoni. Si allegano alcune relazioni su questa situazione in Francia e in Belgio.[all. 55] Di conseguenza, tali organi, senza emettere un provvedimento ingiuntivo, hanno preannunciato alla nostra organizzazione francese che, non rientrando essa fra le organizzazioni cultuali, tutte le offerte volontarie versate dai fedeli dovranno essere assoggettate a una tassa del 60 per cento. È la prima volta, nella storia della Francia, che il Governo prospetta la tassazione delle offerte volontarie dei fedeli. Anche l’Opus Dei e altre organizzazioni rischiano di rientrare in questo “giro di vite”. Ovviamente le varie organizzazioni interessate si sono opposte legalmente e si è in attesa delle relative decisioni degli organi superiori, ivi compresi quelli a livello europeo. Non si può pertanto parlare di evasione in modo scandalistico come se ci si fosse sottratti volutamente al pagamento delle tasse, bensì di un cambiamento di interpretazione da parte del Ministero delle Finanze che ha determinato l’imposizione fiscale su alcuni anni di attività, che in precedenza e in buona fede erano ritenute esenti e che, a nostro avviso e secondo la legislazione italiana, lo sono ancora a tutti gli effetti.

I nostri organismi confessionali sono molto scrupolosi nell’osservare le norme vigenti anche in materia tributaria. Si allegano in proposito i verbali relativi a due ispezioni fiscali effettuate nel 1975 e nel 1976, dai quali si rileva che non è stata contestata alcuna irregolarità.[all. 56]

16) Viene asserito che i testimoni di Geova rifiuterebbero di giurare fedeltà allo stato.

Anche la predetta asserzione, contenuta nell’ultima parte dell’interrogazione, è completamente infondata. Essa è contraddetta dalla nostra dottrina che vieta soltanto di giurare inutilmente, come fanno alcuni per conferire autorità ai loro discorsi giurando sulla testa di qualcuno (si veda la nostra Torre di Guardia del 15 novembre 1977, p. 703).[all. 57] Ma soprattutto un fatto inoppugnabile smentisce la censura: i numerosi testimoni di Geova impiegati nello Stato hanno regolarmente fatto tale giuramento.

17) Viene prospettato che l’organizzazione dei testimoni di Geova sia riconducibile “alla fattispecie delle associazioni segrete”.

Le considerazioni sin qui espresse hanno completamente demolito ogni asserzione tendente a sostenere tale tesi. Si aggiunge che il culto dei testimoni di Geova non presenta alcuna caratteristica di segretezza per la sua completa visibilità: la loro opera di casa in casa e nei luoghi pubblici, le loro riunioni in Sale di culto il cui indirizzo è stato fornito al Ministero dell’Interno e alle autorità locali,[all. 58] e i loro congressi negli stadi, tutto indica che operano alla luce del sole.

A conferma che le “antisette” continuano a riproporre le loro accuse infondate anche quando sono già state respinte dalla Magistratura, si rileva che la Corte d’Appello di Venezia (sentenza n. 1532 del 17 luglio 1997, già allegata al n. 4), ha respinto le varie accuse di un avvocato veneto membro di dette organizzazioni e, tra queste, la presunta segretezza della nostra organizzazione: “L’annoverare poi la congregazione dei Testimoni di Geova fra le associazioni segrete (con un implicito giudizio di illegalità, in quanto nel nostro ordinamento le società segrete sono vietate) non rispetta neppure il criterio della verità storica, essendo il culto professato in sedi esistenti in molte città ed essendo notoria l’opera di proselitismo capillare che gli adepti di tale religione compiono, soprattutto nei giorni festivi e che, a prescindere da ogni giudizio di merito in ordine alla dottrina divulgata, non può che suscitare rispetto per l’impegno profuso”.

L’interrogazione, esaurito l’elenco delle informazioni ricevute, riassume le suddette inesistenti e infondate accuse e/o illazioni prospettando, quale conseguenza, l’incompatibilità della Congregazione “con le norme e lo spirito della Carta Costituzionale”. Per le ragioni suesposte non c’è dubbio sulla completa compatibilità della confessione, da noi rappresentata, con l’ordinamento giuridico.

Si dice anche che i testimoni di Geova sarebbero “una istituzione che ideologicamente rifiuta l’esistenza dello Stato e della Nazione”. È stato invece ampiamente dimostrato il contrario. La dottrina dei testimoni di Geova, pur sostenendo i valori trascendentali, incoraggia i fedeli ad essere buoni cittadini, a pagare le tasse e a rispettare le autorità secolari. Si vedano: La Torre di Guardia, 1° luglio 1993, 1° maggio 1996, 15 gennaio 1997, 1° novembre 1997. [all. 59] Quest’ultima espressione citata fa ricordare che solo il regime fascista li definì in modo analogo quando il Tribunale speciale fascista nel 1940 condannò 26 testimoni di Geova per “costituzione di associazione antinazionale”. La pubblicazione Aula IV – Tutti i processi del Tribunale Speciale fascista (a cura di Dal Pont, Leonetti e Maiello, Milano, 1976, pp. 405-6) riferisce ulteriormente che i testimoni di Geova “hanno subìto continue persecuzioni ad opera del fascismo”.

La natura confessionale dei testimoni di Geova risulta da numerosi riconoscimenti: fra i più autorevoli c’è quello della Corte costituzionale nella sentenza n. 195/1993.[all. 60] Anche il Garante per la radiodiffusione e l’editoria si è espresso a conferma del carattere confessionale dei Testimoni. [all. 61] Similmente, la Corte europea dei diritti dell’uomo mediante tre sentenze,[all. 62] e analogamente l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.[all. 63]

I Testimoni sono portatori di alti princìpi morali, tra cui il profondo amore per la pace. Il loro martirio nei campi nazisti (ne sono morti quasi 3.000), dov’erano identificati col triangolo viola, è un fatto noto a moltissime persone (si allegano soltanto alcune narrazioni storiche).[all. 64] Moltissimi giovani Testimoni hanno civilmente sostenuto la loro obiezione al servizio militare, senza clamore ma con compostezza, finché si è affermato il relativo diritto che è un valore nella nostra società. Questa storia di ideali e di sacrifici sofferti dai testimoni di Geova è incompatibile con la rappresentazione che di essi viene fatta dalle “antisette” ai firmatari dell’interrogazione. Possibile che nessuno di loro si sia proposto di approfondire di più le “informazioni” loro sottoposte? Possibile che non si siano ricordati o non abbiano letto (i parlamentari sono di certo persone di cultura) del martirio e della persecuzione sopportati dai Testimoni al tempo del nazismo e del fascismo? Possibile che non abbiano mai visto per televisione l’immagine di un loro ordinato congresso negli stadi? Arturo Carlo Jemolo, giurista e storico, scrisse questo avvertimento: “Se oggi impedissero l’affluire delle moltitudini dinanzi ad una immagine sacra che si afferma pianga o muova gli occhi, domani le processioni ad una piscina dove si compiano guarigioni miracolose, postisi su questa via potrebbero anche voler impedire alle suore di clausura di condurre una vita a loro giudizio antigenica, di effettuare penitenze nocive alla salute, e quindi potrebbero pretendere di ridurre il culto alla sola predicazione, affermando che la musica, gl’inni sacri, i quadri, il rituale, eccitano lo spirito e conducono gli uomini dove la ragione non li porterebbe” (I problemi pratici della libertà, Milano, 1972, pp. 131-2).

Con questa citazione desideriamo sottolineare che seguendo il criterio degli intolleranti dovrebbero essere censurate anche molte delle manifestazioni religiose dei culti tradizionali. Comunque lo Stato, in forza della sua laicità, ha il compito non di valutare le ideologie, ma di intervenire tramite la Magistratura solo in presenza di specifici reati. Soltanto seguendo questo criterio di tolleranza può essere stabilita in un paese civile una piena e proficua libertà e tolleranza religiosa, soltanto attenendosi ai fatti e non alle accuse, come quelle rivolteci, che non sono degne di considerazione per come sfacciatamente stravolgono la realtà. Il riferimento continuo in questa nostra replica alle regole e alle prassi della Chiesa cattolica non è polemico, ma mira a sostenere la suddetta conclusione, cioè che non si possono considerare illegittimi o restrittivi i comportamenti e le credenze di coloro che hanno una fede diversa dalla maggioranza, mentre gli stessi comportamenti praticati dai seguaci delle chiese tradizionali si considerano espressione di fede pura. A tale riguardo, abbiamo evidenziato come in molti casi le regole della vita religiosa dei cattolici sono, almeno nella formulazione dei canoni, più restrittive di quelle che seguono i testimoni di Geova.

Considerato anche il contenuto del “comunicato stampa” scritto su carta intestata del Senato della Repubblica, inviato ai mass media, che alleghiamo, [all. 65] riteniamo doveroso, Signor Presidente, farLe presente che, ove ciò Le sia consentito dalle norme e dalla prassi, voglia richiamare, nel pieno rispetto delle facoltà dei signori senatori, all’osservanza da parte di essi nelle attività parlamentari di forme di linguaggio che non si prestino a far passare come dati accertati, o quanto meno, da loro conosciuti come dimostrati e documentati, semplici illazioni e spunti polemici, e a segnalare l’opportunità che in tale forma non siano forniti alla stampa documenti parlamentari che possono così dare spunto ad atteggiamenti di sostanziale intolleranza.

Se potrà riceverci per illustrarLe ulteriormente la questione, Le saremo profondamente grati. Fiduciosi in un Suo autorevole intervento e in attesa di notizie, Le porgiamo i più deferenti ossequi. Francesco Corsano


NOTE:

all.1 G.I.P., Tribunale di Siena, decreto di archiviazione del 3 marzo 1990; G.I.P., Procura della Repubblica di Bari, 18 luglio 1992; Procura Militare della Repubblica di Roma, 30 novembre 1990. (torna su) all.2 J.-F. Mayer, Le nuove sette, Genova, 1987, pp. 119-23; B. Wilson, The Social Dimensions of Sectarianism, Oxford, 1990; E. Barker, I nuovi movimenti religiosi, Milano, 1991, pp. 73-81; Pour en finir avec les sectes, a c. di M. Introvigne e J. Gordon Melton, Parigi-San Giuliano Milanese (MI), 1996; M. Introvigne, Sette cattoliche: l’equivoco continua, in Cristianità, dicembre 1996, pp. 3-5; M. Introvigne, I culti negati, in Percorsi, marzo 1998, pp. 38-45.

all.5 Promemoria al Direttore generale dei culti presso il ministero dell’Interno, 12 maggio 1992; memoria per la Pretura civile di Roma, 23 luglio 1994; Natura dell’attività svolta nell’ambito della confessione religiosa dai ministri di culto della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova (memoria difensiva), in Il diritto ecclesiastico, aprile-giugno 1997, pp. 161-191; memoria per la Corte di Appello di Venezia, 25 febbraio 1997; memoria per la Suprema Corte di Cassazione, 1° ottobre 1998.

all.6 Consiglio di Stato (Sezione prima), Parere n. 1390/86 del 30 luglio 1986 (sul riconoscimento della personalità giuridica alla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova), in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1986/3, pp. 503-10.

all.11 Sulla vicenda del papa: Il Resto del Carlino, 25 giugno 1981; La Stampa, 26 giugno 1981; Corriere d’Informazione, 25 giugno 1981. Circa un più recente intervento subito dal papa ed effettuato con l’impiego di macchine per il recupero intraoperatorio del sangue e senza trasfusioni: La Stampa, 30 aprile 1994. Sui pericoli delle trasfusioni: Tempo medico, marzo 1973, p. 29; Corriere della Sera, 23 novembre 1979; Stampa medica, 16-30 settembre 1983, p. 55; Paese Sera, 30 ottobre 1991; Momento-sera, 22-23 dicembre 1991. Interventi chirurgici di notevole complessità (cardiochirurgia, trapianti di rene, ecc.) vengono ora effettuati senza emotrasfusioni: Il Messaggero, 7 novembre 1995; Il Giornale, 20 settembre 1998. Il primo bambino a subire un trapianto di cuore in Italia era figlia di testimoni di Geova e l’operazione fu portata a termine senza ricorrere a trasfusioni: Il Messaggero, 7 gennaio 1986; Paese Sera, 7 gennaio 1986.

all.12 A.A. Skolnich, Ridurre al minimo la necessità di trasfusioni, in Jama (ediz.it), gennaio 1983, pp. 39-42; U. Scalettaris, Rilevanza delle trasfusioni di sangue nella valutazione del danno biologico, in Rivista italiana di medicina legale, gennaio-marzo 1994, pp. 45-55; E. Scalici et al., Problematiche medico-legali nell’autotrasfusione, in Jura medica, agosto 1993, pp. 97-109; R. J. Newman, D. Podolsky, Bad Blood, in US.News World Report, 22 giugno 1994, pp. 68-78.

all.13 Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano rispetto alla utilizzazione della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell’uomo e la bioetica, in Guida al diritto, allegato al quotidiano Il Sole-24 ore, 21 dicembre 1996; Comitato Nazionale per la Bioetica, Informazione e consenso all’atto medico, Roma, 1992, pp. 20-35; Il Codice di deontologia medica, allegato al quotidiano Il Sole-24 ore, ottobre 1998.

all.15 Si citano, tra i tanti, G. Martinat, È il loro stile di vita a fare nuovi proseliti, in La Stampa, 12 agosto 1979; Il loro zelo ci può far arrossire, in Il piccolo missionario, 1° novembre 1984; N. Fabbretti, I Testimoni di Geova, la fede in Dio e la coerenza, in Stampa Sera, 4 agosto 1986; L. Curtino, Geova dice: la fine è vicina, in La Stampa, 12 agosto 1988; Testimoni al lavoro, in L’Espresso, 3 settembre 1989. Circa la posizione dottrinale dei Testimoni al riguardo: La Torre di Guardia, 1° luglio 1993, pp. 14-23; 1° maggio 1996, pp. 16-20; 15 gennaio 1997, p. 14; 15 giugno 1998, p. 26.

all.17 La Torre di Guardia, 15 luglio 1975, pp. 447-8.

all.18 Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, Atto costitutivo e statuto, Roma, 1986, pp. 10-12.

all.19 Procura della Repubblica di Milano, Verbale del 10 giugno 1996.

all.21 Codice di diritto canonico, canoni. 1183-5, 1311-12, 1331-8, 1364-7. all.22 Si veda la già citata [all. 7] sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Un., 27 maggio 1994, n. 5213, in Giustizia civile,1994, I, coll. 2127-34, con commento di F. Finocchiaro.

all.23 Tribunale civile di Roma, Sez. I, sent. n.11236, 10 giugno 1996.

all.24 Ad esempio, Codice di diritto canonico, canoni. 489-91.

all.31 Attenzione! non leggere! Pericolo di morte, La campana (Macerata), 1° maggio 1956; Attenzione!! Attenzione!!, Bollettino Parrocchiale (Pernate [NO]), gennaio-febbraio 1958; Cristo o Geova?, La Campana di Veveri (Veveri [NO]), febbraio 1985; Come rispondere ai testimoni di Geova, suppl. a La Domenica, n. 37, dicembre 1985, pp. 2-3; P. Ambrosio, La risposta dei cattolici ai Testimoni di Geova, Leumann (TO), 1986, p. 3.

all.38 Ad esempio, Lettera del sindaco di Nocera Umbra (PG) all’Associazione dei testimoni di Geova dell’Abruzzo, 27 novembre 1997. Sulle cronache: Il Secolo XIX, cron. Savona, 12 gennaio 1997; L’Ancora, 20 aprile 1997; Il Centro, 8 gennaio 1998. Inoltre, si vedano alcuni resoconti e considerazioni pubblicati sui periodici dei Testimoni: Svegliatevi!, 8 settembre 1981, pp. 21-7; La Torre di Guardia, 1° dicembre 1996, pp. 4-7; 15 gennaio 1998, pp. 3-7; 1° dicembre 1998, p. 11.

all.42 Certificazioni dell’Ufficio provinciale industria e commercio di Milano, 9 luglio 1946, della Camera di commercio di Milano, 1° febbraio 1947, della Camera di commercio industria e agricoltura di Milano, 6 aprile 1948.

all.43 Atto notarile del 28 giugno 1946; lettera dell’avv. E. Ferrari, 11 maggio 1959; certificazione della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Milano, 20 luglio 1994.

all.44 Attestato della Direzione generale degli affari dei culti, divisione Culti cattolici, del ministero dell’Interno, 30 aprile 1984.

all.45 F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico (5a ed.), Bologna, 1996, pp. 386-9.

all.47 Nucleo centrale Polizia tributaria Guardia di Finanza, III gruppo, 1^sez. verifiche, 25 settembre 1996.

(nota) Successivamente all’invio di questa lettera datata 24 novembre 1998, il ministero delle Finanze, III Reparto operazioni, 1° Ufficio operazioni, con comunicazione del 6 dicembre 1998, ha inviato alla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova un compendio con l’esito dell’accertamento, nelle cui Conclusioni si legge: Da quanto sopra esposto, si evince che: – la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova rientra tra gli ENTI DI CULTO riconosciuti con D.P.R. 783 del 31 ottobre 1986; – le attività commerciali incidentalmente esercitate non appaiono in contrasto con le finalità religiose e di culto perseguite in base allo Statuto dalla Congregazione e con la normativa civile e fiscale vigente; – i redditi d’impresa conseguiti, finalizzati a favorire le attività istituzionali dell’Ente, sono stati regolarmente dichiarati ed assoggettati a tassazione; – l’acquisizione a titolo oneroso delle partecipazioni relative alle società commerciali non è soggetta ad autorizzazione governativa in quanto trattasi di beni mobili. Ai sensi dell’art. 17 del codice civile e della normativa speciale (art. 16 del R.D. 289/1930) essa è infatti necessaria solo nei casi di acquisto di beni immobili, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito ovvero di acquisto di beni di qualsiasi specie a titolo gratuito.

all.49 The New Encyclopædia Britannica, Chicago, 1992, vol. 3, Micropædia, pp. 578-9.

all.52 Si citano come esempio solo i più recenti tra gli oltre 100 articoli allegati: Gazzetta di Mantova, 6 giugno 1993; La Prealpina, 1° febbraio 1995; Il messaggero, cron. Ascoli e provincia, 21 maggio 1996; La Nazione, cron. Firenze, 25 maggio 1996; Il Giorno, cron. Desio – Lissone – Vimercate, 22 settembre 1996; Il giornale di Tirano, novembre 1996; Il Messaggero, 5 dicembre 1996; Il periodico, dicembre 1996; Settegiorni, cron. Rho, 3 gennaio 1997; Corriere di Rieti, 2 febbraio 1997; Centro Valle, 23 febbraio 1997; La Provincia, cron. Cantù, 26 febbraio 1997; La Provincia di Sondrio, 1° marzo 1997; Bresciaoggi, 23 marzo 1997; La Provincia, cron. Crema, 11 aprile 1997; Il Resto del Carlino, cron. Reggio Emilia, 14 aprile 1997; Il Giorno, cron. Valtellina-Valchiavenna, 19 aprile 1997; Settegiorni, 25 aprile 1997; Il Tempo, cron. Civitavecchia, 10 agosto 1997; Il Centro, 30 agosto 1997; Gazzetta di Chieti, 7 settembre 1997; Centro Valle, 2 novembre 1997; La Provincia, cron. Cremona, 7 novembre 1997; Mondo Padano, 22 novembre 1997; Il Gazzettino di Vicenza, 28 dicembre 1997; La Nazione, cron. Firenze, 30 gennaio 1998; Il periodico, gennaio 1998, p. 6; La Sicilia, 22 febbraio 1998; Il Tirreno, 24 febbraio 1998; Il Gazzettino di Venezia, 1° aprile 1998; Il Giorno, cron. Brianza, 7 aprile 1998; La Stampa, 19 giugno 1998; L’Eco delle Valli Valdesi, 26 giugno 1998; Cronaca nuova, 20 luglio 1998.

all.54 Note intitolate rispettivamente Prescrizioni per la sicurezza e la salute nei cantieri, e Applicazione del D.Lgs 494/96 ai cantieri per la costruzione o ristrutturazione dei nostri edifici di culto.

all.55 Il Messaggero, 1° maggio 1997; M. Introvigne, Il fantasma della libertà. Le controversie sulle sette e i nuovi movimenti religiosi in Europa, in Cristianità, aprile 1997, pp. 13-26; Id., Il ritorno dei giacobini: il rapporto della commissione parlamentare belga d’inchiesta sulle sette, in Cristianità, settembre 1997, pp. 5-17.

all.56 Verbale del Nucleo centrale Polizia tributaria Guardia di Finanza, II gruppo, 1^ sez. verifiche, 17 aprile 1975; Verbale dell’Ufficio IVA di Roma, 16 luglio 1976.

all.58 Elenco delle Sale del Regno della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova in Italia, edizione 1997, Roma, 1997.

all.60 Pubblicata in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1993/3, pp. 693-7.

all.61 Determinazione adottata dal Garante per la radiodiffusione e l’editoria, 1° febbraio 1993.

all.62 Sentenza Hoffman contro Austria, 23 giugno 1993, pubblicata in Il diritto di famiglia e delle persone, gennaio-marzo 1995, pp. 11-27; sentenza Kokkinakis contro Grecia, 25 maggio 1993, pubblicata in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1994/3, pp. 734-9; sentenza Manoussakis e altri contro Grecia, 26 settembre 1996.

all.63 Delibera di rettifica adottata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, 22 settembre 1998.

all.64 Si vedano tra i tanti: R. Höss, Comandante ad Auschwitz, Torino, 1985, pp. 50-73, 100-19, 204-5; M. Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Bologna, 1994, passim; S. Graffard, L. Tristan, I Bibelforscher e il nazismo (1933-1945), Tiresias, Parigi, 1994.

all.65 (mancante [n.d.r.] )